Il sito ufficiale della città di Swindon, contea dello Wiltshire, poco
meno di centomila abitanti a un centinaio di chilometri a est di Londra,
sorvola comprensibilmente su quella che, secondo Andy Partridge (nato a
Malta, dove il padre prestava servizio nelle fila della marina di Sua
Maestà, l'11 novembre del 1953), è la peculiarità più evidente del luogo
in cui è cresciuto e vive tuttora, menzionando invece la Great Western
Railway, ferrovia che sul finire dell'Ottocento ne decreta lo sviluppo
industriale. Swindon sarebbe in realtà, se diamo retta al primo dei due
suoi cittadini più illustri, una città-barzelletta, presa di mira senza
pietà da tutti gli abitanti del Regno Unito e utilizzata come parametro
ogni volta che si voglia parlare di qualcosa di assolutamente ordinario
e mediocre. In un contesto che è il paradigma della mediocrità,
l'educazione musicale del Nostro è simile a quella di chiunque sia
cresciuto in Inghilterra all'alba degli "swinging Sixties", seppure, in
realtà, alcune infiltrazioni bizzarre ed eccentriche facciano capolino
fin dall'inizio nell'immaginario del chitarrista e cantante. "Il primo
pezzo musicale di cui abbia memoria è Volare. La versione di un tale
Marino Marini, che credo fosse uscita solo qui in Inghilterra. A casa
non abbiamo mai avuto una radio convenzionale, ma una connessione dove
si pagava per poter ascoltare un paio di canali; un po' come l'attuale
radio via cavo, solo molto più limitata. I miei genitori la tenevano
sempre accesa sul programma di musica leggera, dove non c'era niente di
veramente interessante per un bambino, eccetto le novelty song. Erano
canzoni folli con voci accelerate, roba per ragazzini e teenager, come
Martian Hop dei Randells. Mi interessava qualsiasi musica che contenesse
quelle voci, o un eccesso di riverbero, o frammenti di conversazione, o
strani rumori. Quello che in Inghilterra chiamavano novelty record. Non
esistevano radio che trasmettessero rock'n'roll tra la fine degli anni
Cinquanta e l'inizio dei Sessanta. Le radio pop presero piede solo più
avanti, il panorama era dominato da quella che si potrebbe definire old
fashion music. Andai a vedere A Hard Day's Night all'età di dieci anni
credo, avevo i pantaloni corti. Mi accompagnava un amico e non sapevo se
dovessi gridare o meno: le ragazze, quando andavano ai concerti dei Beatles, urlavano, chissà se i maschi dovessero fare altrettanto. Non lo
feci perchè non ero sicuro di quello che prevedesse l'etichetta nel caso
specifico, ma mi divertì comunque assistere allo spettacolo. Più avanti
vidi Help, e mi convinsi definitivamente che quel mondo dovesse essere
fantastico. Quando uscì la serie televisiva dei Monkees mi ero ormai
convinto di dover far parte di un gruppo. Sapevo che vivevano tutti
insieme nella stessa casa, che avevano un sacco di avventure e un sacco
di ragazze intorno. Pensavo che facesse al caso mio, e che entro qualche
anno avrei potuto entrare anche io a far parte di quel mondo. Continuai
ad appassionarmi alle novelty songs quando arrivò la psichedelia. Era
una forma di musica pop con molti ingredienti comuni: eccesso di
riverbero, voci accelerate, strani suoni. Il proseguimento di quello che
mi piaceva da bambino. Ma all'epoca ancora non avevo imparato a suonare
alcuno strumento. Poi mio padre acquistò una chitarra molto economica,
di fabbricazione olandese, una Egmont, che mise dietro al sofà, perchè
sapeva suonare due o tre accordi, quel poco che aveva imparato di jazz e
blues. Non sapeva che la strimpellavo anch'io. Iniziai a portarla a
scuola. Ovviamente non ero capace di suonarla, ma scoprii che era una
sorta di calamita per ragazze, funzionava come una "rete da pesca". Mi
chiedevano di suonare qualcosa, così dovetti imparare da solo. Mi
iscrissi a un club scolastico dove avevano una chitarra elettrica e un
piccolo amplificatore. Mi dispiace dover ammettere che li rubai, anche
se è una cosa molto rock'n'roll. Li portai a casa e ci suonai per circa
un mese, poi mi sentii in colpa e li restituii, non ero portato per il
furto. Anche se non sono cattolico, credo che il cattolicesimo mi
abbia in qualche modo segnato, perchè mi sento sempre in colpa. Rimanevo
comunque fermamente convinto di voler suonare la chitarra, tanto che
nei miei ultimi due anni di scuola continuai a disegnare chitarre e
musicisti sui miei quaderni.
I miei eroi del tempo erano tutti quegli
esponenti del pop inglese che avevano tendenze psichedeliche: Small
Faces, Kinks, ovviamente Beatles e Rolling Stones... credo di essere
cresciuto nel periodo giusto. Andai al college a studiare arte, ma non
mi piaceva veramente, passavo più tempo a suonare. Quando venne il
momento di cercarsi un lavoro per tirare su qualche soldo, mi convinsi
che dovevo scrivere canzoni ed entrare a far parte di un gruppo".
Di due
anni più giovane, il secondo dei due cittadini più illustri di Swindon,
Colin Moulding (17 agosto 1955), racconta una storia per molti versi
simile, almeno nelle aspirazioni. "Il mio primo incontro con la musica
avvenne attraverso gli inni che cantavo a scuola: quello, me ne rendo
conto solo ora, ha avuto una influenza decisiva. Ma le prime spinte a
dedicarmi alla musica con più convinzione arrivarono probabilmente
attorno ai quindici anni. Dopo alcune brevi lezioni di chitarra
incominciai a cercare quelle che suppongo si possano definire menti
affini nei pub e nei bar di Swindon. Ripensandoci, l'intenzione iniziale
era molto semplicemente quella di sembrare cool e impressionare le
ragazze. Fare musica a livello professionale restava ancora un sogno
proibito, ma l'idea che un giorno potesse diventare realtà non mi
abbandonava mai. All'epoca i miei eroi erano principalmente gruppi come
Free, Jethro Tull e Alice Cooper: avevano un aspetto fantastico e
capelli più lunghi di qualsiasi persona conoscessimo nel nostro giro".
Inevitabile che i comuni sogni di gloria facciano incontrare, in una
città musicalmente minuscola, i protagonisti della nostra storia. "Lo
vedevo dappertutto, ero impressionato dalla lunghezza dei suoi capelli",
dice Partridge di Moulding, "mi pareva sempre ubriaco, e in realtà
alcune volte lo avevo visto davvero a terra, coperto dal suo vomito. Mi
aveva molto colpito, mi pareva un tipo davvero r'n'r: Lo incontrai in un
pub una sera, lo riconobbi, e scoprii che suonava il basso. Lui e il suo
amico batterista, Terry, avevano bisogno di un chitarrista, io dissi:
'io e il mio amico Dave suoniamo la chitarra, perchè non uniamo le
nostre forze?'. Lui faceva parte di una sezione ritmica bisognosa di
chitarra, io ero un chitarrista alla ricerca di una sezione ritmica, fu
una specie di matrimonio combinato". La versione del bassista diverge
nei particolari, ma entrambe sono assolutamente plausibili. "Io e Andy
frequentavamo la stessa scuola, anche se, essendo lui un po' più vecchio
di me, non appartenevamo allo stesso giro di amicizie. Era più facile
che ci incontrassimo nei negozi di musica di Swindon, nei quali
solitamente ci infastidivamo a vicenda provando gli strumenti. Una
volta, in particolare, le vibrazioni del mio basso devono avergli
trasmesso qualche strana sensazione, visto che suggerì di incontrarci
per una jam session con altri musicisti che conoscevamo entrambi". Il
dato su cui non ci sono dubbi è l'anno, il 1972. Dalle quelle prime session viene fuori una sequela di ragioni sociali: Star Park, The
Snakes ed Helium Kidz, per arrivare alla sigla che, nella primavera del
1975, si rivelerà essere quella definitiva, XTC. Ben presto entrano a
far parte della band un tastierista e un chitarrista. "Furono in realtà
due tastieristi, in rapida sequenza. Prima Peter Perkins, nome molto
inglese, che in realtà voleva diventare dottore, e poi suo fratello
minore, Johnny. Nelle ultime incarnazioni degli Helium Kidz, e nelle
prime degli XTC, c'eravamo io alla chitarra, Johnny Perkins alle
tastiere, Colin al basso, Terry Chambers alla batteria e un altro
chitarrista chiamato Dave Carter, che non appena ci convincemmo di voler
fare le cose professionalmente dovemmo mandare via, perchè la sua
giovane moglie non voleva che mollasse il suo lavoro di postino". Con Perkins la formazione registra alcuni demo, ma la stabilità è effimera.
"Lui in realtà voleva una band in cui potesse comandare, e ci mollò in
un brutto momento. Dovevamo fare dei provini per la Cbs a Londra ed
eravamo alla disperata ricerca di un tastierista". E' l'ennesimo
provvidenziale incontro a salvare la situazione all'ultimo minuto: un
altro spirito affine, Barry Andrews, si fa trovare nel posto giusto al
momento giusto. "Mi pare che ci fossimo imbattuti in Barry", ricorda Partridge,
"in un negozio di musica a Swindon. Lui aveva portato il suo
piano a riparare, io gli dissi che avevamo bisogno di un pianista e
organista, e lui non aveva una band sua. Lo reclutammo al volo senza
neppure averlo sentito suonare. Ci facemmo una bevuta colossale e mi
resi conto che in quanto ad alcool mi dava un sacco di punti. Alle prime
prove non mi piacque, suonava alla John Lord o alla
Keith Emerson... molto vecchia maniera, molto prog, roba da cui volevamo
allontanarci. Allora gli dissi che poteva suonare quello che voleva,
come voleva: 'Dimentica la chiave in cui stai suonando, sii te stesso'. La
volta dopo cambiò totalmente, diventò un tastierista folle, aveva preso
alla lettera ciò che gli avevo detto. Suonava in una chiave sbagliata,
emettendo strani suoni fantascientifici, E il piano era distorto.
Passammo improvvisamente da Keith Emerson a una performance di John Cage.
Grandioso. Volevamo qualcosa di coraggioso e un po' futurista e fummo
accontentati". Anche Moulding è molto colpito dall'incontro: "Suonava
le tastiere in un modo inusuale, sul palco si muoveva come un granchio e
assomigliava al vampiro di Nosferatu. Ci parevano credenziali
sufficienti, così lo arruolammo". Il gruppo ha iniziato a
frequentare Londra, pur sentendosi estraneo ai fermenti della capitale,
e ai primi inconsapevoli vagiti di quello che di lì a poco prenderà le forme del
punk, mettendosi ad elaborare la propria personale ricetta di rock'n'roll:
una ricetta che, seppure ancora in un modo molto intuitivo, trova in realtà
molti punti di contatto con il fenomeno che esploderà di lì a poco,
volendo essere una spina nel fianco per quello che all'epoca era, per un
numero sempre crescente di individui, un panorama musicale invecchiato
male e sempre più affollato di dinosauri. Una azione di disturbo dall'impeto
iconoclasta quella del gruppo, la cui intenzione primaria, forse ingenua
ma senza dubbi sincera, è di fare lo sgambetto ai vari prog, glam e disco
che vanno per la maggiore. "Volevo che gli XTC fossero una specie di
equivalente pop della pittura e del pensiero futurista, che la nostra
musica
facesse incazzare la gente e fosse 'sbagliata' in modo attraente. Volevo
andare in un luogo nuovo che fosse spigoloso, shockante e veloce. Anche
i futuristi produssero della musica, se solo avessero avuto accesso all'elettricità forse sarebbero stati simili agli
XTC. A partire dal 1972,
anno in cui iniziai con Colin e Terry, ci evolvemmo nel nostro piccolo
mondo. Le poche volte che riuscivamo ad avere concerti a Londra la gente
in genere ci rideva dietro, perché sapeva che eravamo dei provinciali,
degli strani ragazzi di campagna che cercavano di fare qualcosa di
nuovo. Potevamo vedere la loro confusione quando prendevamo in mano gli
strumenti.
Le cose sembrarono andare sempre peggio fino al 1976-77, quando ci fu
sete di novità. Poiché eravamo qualcosa di mai visto, tutta l'attenzione
ci piombò addosso. Non eravamo più così divertenti, eravamo
semplicemente una cosa nuova". Anche se per via indiretta, il punk e il
clamore che gli si crea intorno hanno un ruolo decisivo nella storia del
gruppo, se non altro perché la Londra del 1977 pare disposta ad
accogliere a braccia aperte i bizzarri e spaesati XTC. In ogni
rivoluzione, d'altra parte, è buona regola farsi quanti più alleati
possibile. Non sono solo i punk ad accorgersi del quartetto. La
discografia è in prima linea, animata dal desiderio di rinnovare il
proprio parco artisti. I venti del cambiamento, ormai, si sentono
ovunque. O, se vogliamo, come nota cinicamente Moulding, "nel 1977 le
etichette in Gran Bretagna scorrazzavano come galline decapitate
cercando di imbattersi nell'ultimo fenomeno disponibile, ed ecco
arrivare il punk. Chiunque avesse i capelli corti e i pantaloni aderenti
aveva gioco facile. E così ci capitò di essere
nel posto giusto al momento giusto. Ci facemmo dare un passaggio dalla
punkmobile ma non scendemmo mai a nessuna stazione. Dopo un po' venne
accettato anche il fatto che fossimo piuttosto estranei al fenomeno, e
quindi, quando quest'ultimo si inabissò tra i flutti, cercammo di
restare a galla.. Che cosa facevamo? Direi che suonavamo un tipo di musica piuttosto veloce, irta, aguzza, a tratti imballabile, che
chiedeva al corpo di lasciarsi andare agli spasmi. Penso semplicemente
che fossimo guidati dall'orgoglio di essere rigorosi in quello che
facevamo e dal desiderio di essere virtualmente impossibili da categorizzare". Quando la fiamma settantasettina inizia a scemare, si
incomincia a parlare di new wave. "Ci facemmo un nome nei club e nei
pub, e fummo in un certo senso immersi nel fenomeno del momento, la new wave. Il che fu positivo, siccome non eravamo poi così distanti da
quello che facevano loro. Tuttavia consideravo molti dei gruppi punk e
new wave piuttosto stupidi, e non amavo la loro politica simulata". La
band, alla ricerca di un contratto, manda un demotape a John Peel il
quale, dopo aver assistito a qualche concerto, li invita a registrare
una session alla Bbc. "Mi pare di ricordare", dice Partridge,
"che
passammo in radio molto tempo prima di avere un contratto, il che
costrinse le compagnie discografiche ad annotarsi il nostro nome. In
breve tempo ci furono le etichette che si pigliavano letteralmente a
pugni per farci firmare. Buona parte di tutto ciò fu merito di John
Peel. Se fosse ancora vivo, dovrei ringraziarlo per aver dato alla
nostra carriera una enorme spinta".
Una vera e propria disputa quella tra Island e Virgin, le uniche rimaste
a contendersi la firma dopo il rifiuto di Columbia e Decca, con tanto di
rissa durante un concerto del gruppo (" Una roba da selvaggio West;
anche se noi non ce ne accorgemmo perché eravamo sul palco", ricorda Moulding), da cui esce vincitrice, immaginiamo per ko tecnico, la
giovane etichetta di Richard Branson, che intende far registrare
immediatamente qualcosa ai suoi nuovi pupilli. "Una volta firmato, la Virgin pensò che la nostra musica dovesse essere catturata dal vivo. La
nostra prima registrazione fu fatta con il loro camion mobile a
Liverpool, un concerto che facemmo in un posto chiamato Eric's, che si
trovava dall'altro lato della strada rispetto al Cavern Club.
Una specie di strana immagine riflessa del Cavern, un'idea suggestiva.
Però ci convincemmo che il materiale non era utilizzabile, volevamo una
qualità migliore. Così finimmo ad Abbey Road con John Leckie. Passai dal
dipingere poster a incidere in uno studio di registrazione". I quattro
si trovano improvvisamente catapultati dalla vita provinciale e da
lavori precari al grande mondo discografico, secondo Moulding "un mondo
fatto di grandi case di campagna, rimborsi spesa e session nel pieno
della notte. Era terribilmente divertente ma, come capita a chi è
giovane, bevemmo il bicchiere di vino troppo in fretta". Il primo
risultato dell'ingresso in studio, nell'agosto del 1977, è l'ep 3D,
inciso negli storici studi londinesi - nello specifico, lo Studio 3, dal
quale sono uscite Eleanor Rigby e Paperback
Writer dei Fab Four - da John Leckie, agli inizi come produttore ma già storico
ingegnere del suono Pink Floyd da The Dark Side of The Moon in
poi. Tre canzoni
(Science Friction. She's So Square e Dance Band) più la ghost track
Goodnight, Sucker.
Il 12" viene accolto piuttosto bene dalla
critica in particolare la
trainante Science Friction, anche singolo, e la
Virgin decide che vale la pena investire energie e soldi in un album. E'
nell'autunno dello stesso anno che presso gli studi Manor, un castello immerso nella campagna dell'Oxfordshire riadattato e inaugurato alcuni anni prima dalle session
di Tubular Bells di Mike Oldfield, prende corpo il debutto dei nostri,
White Music. Nome che in realtà viene scelto come ripiego, ricorda Partridge,
testimoniando la prima di una lunga serie di incomprensioni tra il gruppo e chi
ne promuove la musica. "Dissero che non potevamo usare Black Music, questa la
mia idea originale, perché avrebbe confuso la gente, avrebbe potuto far
pensare a un gruppo disco, oppure che volessimo deridere in qualche modo i neri.
lo avevo in mente qualcosa di analogo a black comedy o black vinyl: niente
da
fare, allora proposi White Music, con in mente l'idea di rumore bianco.
Dissi: 'Ragazzi bianchi che fanno rumore bianco, se vi fa sentire meglio
la usiamo'. Per qualche strana ragione pensarono andasse bene. Black Music
mi piaceva anche perchè era un titolo che legavo all'idea di black humour, uno
humour un po' difficile che è divertente anche se apparentemente non avrebbe
i presupposti per esserlo. Credevo che la nostra musica fosse così divertente
senza motivo apparente di esserlo,
ma in qualche modo anche comica". Sui motivi di tali
incomprensioni, e sulla difficoltà di capire esattamente, anche da parte del pubblico e della stampa ("Arrivavamo da Swindon, e questo era una freccia all'arco della stampa: pensavano che
per questo motivo fossimo un gruppo barzelletta"), che razza di strano
animale fossero gli XTC, percepiti come punk o new wave un po' per
motivi contingenti, essendo capitati da quelle parti nel bel mezzo
dell'esplosione del nuovo fenomeno musicale un po' per
l'irruenza rumorista manifestata sul palco, il chitarrista sembra avere
le idee chiare: "Non eravamo abbastanza semplici per i gusti di alcune
persone. Non che fossimo dei grandi musicisti, affatto, volevamo
semplicemente realizzare qualcosa di diverso, che fosse un po' più
movimentato.
Usavamo accordi che non erano considerati tali, ognuno di noi suonava in
una chiave diversa, incrociavamo più ritmi. Era tutto intenzionale,
chiaro, ma la gente pensava che dovessimo per forza provenire da qualche
scuola di jazz, e stessimo suonando volutamente in quello strano modo
new wave, ma non era così. Il fatto era che eravamo piuttosto naif, e,
proprio come i pittori naif non possedevamo una buona tecnica. Però
facevamo qualcosa di profondamente nostro". Come abbiamo visto, però,
l'eccentricità della band sembra pian piano trasformarsi in un punto di
forza, soprattutto dal vivo, e soprattutto grazie alla presenza
destabilizzante di Andrews. "Barry era una specie di formidabile gancio
per noi, perché la gente diceva: 'Mio Dio, hai visto quella band dove il
tastierista ha un piano su ruote e non rimane mai fermo, andando
avanti e indietro sul palco con il suo organetto scoperchiato, con tutti
i fili in vista, e a volte lo ripara mentre suona?'. Quasi un freak show
per chi veniva ai nostri concerti".
White Music, pubblicato nel febbraio del 1978, è a tratti ancora acerbo
("Onestamente non so se fossimo già pronti per far uscire dei dischi,
non credo che le nostre canzoni fossero abbastanza buone, ma avevamo una
energia che attraeva", afferma Andy), i cui pezzi sono nati, a
sentire il chitarrista, da una naturale propensione per la distorsione - involontaria - dei modelli di riferimento, risalenti soprattutto al pop
del decennio precedente. "È la natura di qualsiasi originalità,
l'originalità è l'errore nel cercare di copiare, è la cattiva
interpretazione. È come il telefono senza fili, quando arrivi alla
decima persona la storia non ha più punti di contatto con l'inizio. La
mia scrittura era un tentativo di essere molto diretto, ma o incasinavo le cose
o, molto semplicemente, non ero abbastanza bravo, perciò
creai accidentalmente il mio stile. Ma è la natura dell'arte. Sono sicuro
che i Beatles si sforzassero di scrivere canzoni di Buddy Holly. Cercai
di tradurre quello che mi piaceva da bambino, le novelty songs e la
musica beat psichedelica. Immagino di stare ancora traendo ispirazione
da quel genere di cose, anche se ora ho la mia esperienza alla quale
attingere". Significativo, a tale proposito, uno dei brani in scaletta,
l'm Bugged, il quale, oltre a evidenziare il meccanismo appena citato (il
punto di partenza è, dichiaratamente, l'accordo iniziale della
beatlesiana A Hard Day's Night), rivela una passione tematica, quella
per gli insetti, che Partridge riprenderà più volte nei lavori
successivi. Oltre a spiegare come, a ben vedere, i tipi strani non
fossero necessariamente quelli sul palco. "Ero molto affascinato, e lo
sono tuttora, dall'argomento, dalle formiche in particolare. Sono ancora
affascinato da tutti gli insetti sociali. Avevo fatto un disegno, nello
stile delle vignette di Jack Kirby, il mio fumettista preferito, di un
uomo che veniva ricoperto da insetti, intitolato l'm Bugged, o forse
solo Bugged. Pensavo fosse un buon argomento per una canzone. Molti dei
presenti ai nostri primi show sembravano insetti, sottili e con i
capelli sparati come antenne, con occhiali da poco prezzo che sembravano
occhi di insetto. Misi insieme una descrizione verbale del mio disegno e
la descrizione del nostro pubblico". Se Science Friction va molto bene,
il secondo singolo ("Erano sempre i discografici a scegliere, e non
sceglievano necessariamente la canzone giusta"), -Statue Of
Liberty - pubblicato al principio dell'anno - si rivela un flop clamoroso,
tanto che la Virgin, spaventata dalla prospettiva di aver preso un
abbaglio, sembra avere ripensamenti sul lavoro svolto da Leckie e
riporta di corsa il gruppo a incidere con Robert Lange nuove versioni di
This Is Pop e Heatwave, con lo scopo di trarne altri singoli.
L'album fa
una fugace comparsa nella Top 40 inglese, ma gli XTC non hanno tempo di
pensarci: dopo aver registrato alcuni videoclip a bassissimo costo, si
uniscono ai Talking Heads per supportarli nel tour europeo. E' l'inizio di
un neverending tour che lascerà il segno negli anni seguenti, e non solo nel ricordo del pubblico.