Appunti per
un'analisi della "Record-Cover"
dal volume "XTC"
di Vittorio Azzoni
(clicca per ingrandire)
Quando in Italia si parla di copertine di dischi vengono
solitamente percorse due (?) strade possibili.
Una è quella "ad album di figurine", che compila una campionatura d
'immagini limitata da una scelta estetica soggettiva. Qui
gli aspetti dell'espressione e dei contenuti iconografici e
iconologici dell'immagine sono praticamente ignorati a
favore di una ancor più sterile confusione di generi
narrativi e musicali, tecniche, ecc.(1). L' altra, è in
realtà solo una possibile strada in quanto, di fatto, non
esiste ancora a livello di studio e di ricerca accademici
all'interno degli Istituti Universitari(2).
Per quanto concerne gli XTC, prima di analizzare due esempi di
copertine, dobbiamo proporre almeno un'ipotesi di ricerca
sul sistema di comunicazione della "record-cover" come
premessa indispensabile allo svolgimento del lavoro.
Possiamo per esempio partire ancora più a monte, e considerare il
sistema dell'oggetto disco/grafico come un sistema segnico
misto(3), cioè basato su un insieme comunicativo di natura
visiva, l'imballo/copertina = immagine + testo(4), e su un
insieme comunicativo di natura sonora dato dal disco =
musica o musica/testo(5) + musicista/gruppo.
A questo punto applichiamo la metodologìa semiologica hjelmsleviana(6)
introdotta da Roland Barthes(7) nel concetto di linguaggio
segnico, al sistema dell'oggetto disco/grafico.
Individueremo così nella "forma" e nella "sostanza"
dell'espressione il piano dei significanti dell'insieme
comunicativo di natura visiva, che definiamo sistema della
"record-cover". E nella "forma" e nella "sostanza" del
contenuto il piano dei significati dell'insieme comunicativo
sonoro del disco vero e proprio(8).
Nel sistema della "record-cover" la "sostanza " è costituita dai
linguaggi che vengono utilizzati in base alle scelte dei
criteri artistici del grafico-designer e alle intenzioni
comunicative, intrinseche ed estrinseche del mittente.
I linguaggi della "sostanza" sono, nella maggior parte dei casi, di
natura fotografica (fotografia propriamente detta). Ma
possono anche essere d'altra natura nel prototipo della
"cover": letteraria, pittorica, scultorea, cinematografica,
videografica, computeristica, grafica. Prototipi quasi
sempre tradotti poi, in fase di "riproducibilità tecnica",
dal medium fotografico.
È chiaro che nel momento in cui si sceglie un linguaggio anziché un
altro, si opera su una messa in codice che di per se è già
carica di significato. Preferire un linguaggio fotografico,
magari in funzione di un ritratto, per una "cover" di
Madonna o degli Wham ad esempio (ma anche dei Beatles o di
un gruppo punk), significa anticipare un senso, accentuarlo
e caricarlo di ridondanza; quale altro mezzo meglio del
fotografico potrebbe esaltare, e soprattutto miticizzare, la
loro tipica immagine (fisica), il loro "look"?
«Prendiamo in considerazione due gruppi come i Joy Division e gli
Wham: se abbini un disco degli Wham con una "cover" dei Joy
Division il risultato è insignificante; così come se si
sfilasse un disco dei Joy Division da una copertina degli
Wham... Non sarebbe buffo?»(9). Questa centrata divagazione
è del grafico Peter Saville, che chiarisce inoltre come i
significati impliciti alla natura del linguaggio possono
anche essere d'altro tipo: «Alcune volte ho delle soluzioni
ovviamente fotografiche; ma spesso una fotografia non è la
cosa migliore da farsi. Quando cominciai questo lavoro tutte
le copertine erano prevalentemente fotografiche, ed era
piuttosto insolito l'uso di caratteri tipografici, per
esempio: fu anche per questo motivo che venni attirato da
una tecnica piuttosto che da un'altra. Ma c'è anche una
motivazione economica: (...) una delle mie prime "sleeves"
veniva incoraggiata da budgets piuttosto modesti. In questi
circuiti si doveva sforzare l'ingegno a produrre il massimo
risultato con la minima spesa»(1O).
Dopo esserci soffermati sulla "sostanza" del sistema della
"record-cover", passiamo ora a definire la sua forma, che è
l'identificazione del soggetto-oggetto che il linguaggio
organizza e rappresenta.
In pratica è l' elemento visivo percepito in ciò che è.
Volendo poi potremmo anche considerare una "forma" e una "sostanza"
dell'espressione e una "forma" e una "sostanza " del
contenuto, indipendentemente per ogni sistema, considerando
quindi la copertina come un'immagine-manifesto non relata al
sistema di comunicazione sonora (nella realtà le copertine
sono un segno anche per chi non ha rapporti diretti con la
musica: passando davanti a una vetrina di un negozio di
dischi o, molto più semplicemente, osservando il disco di un
ragazzo che sale alla fermata della metropolitana...).
Diamo ora uno sguardo alle copertini di
GO 2 e The Big
Express: una scelta non casuale in quanto, mentre la
prima trasgredisce i canoni dell'immagine, la seconda
trasgredisce quelli del formato.
GO 2
Lo spazio della "front-cover" è interamente occupato da una
scritta dattilografata in bianco su sfondo nero. Ne
riportiamo qui la traduzione in "positivo", anche se per
alcuni vocaboli d'uso corrente si è preferito mantenere la
forma inglese:
«Questa è una
RECORD COVER. Questa scritta è il DESIGN ad essa relativo.
Il DESIGN aiuta a vendere il disco. Noi speriamo di attirare
la tua attenzione invogliandoti a prenderlo in mano. Una
volta fatto sarai forse persuaso ad ascoltarne la musica -
in questo caso si tratta dell'album GO 2 degli XTC. Quindi
vogliamo fartelo ACQUISTARE. Essendo l'idea che più gente
compera e più soldi arrivano alla Virgin, al manager Ian
Reid e agli XTC stessi. Ciò è altrimenti conosciuto come
piacere. Questo scritto sta cercando di attirarti allo
stesso modo di un'immagine che cattura lo sguardo. E’ ideato
per indurti a LEGGERLO. Questo si chiama adescare la VITTIMA
e tu sei la VITTIMA. Ma se hai una mente libera devi
SMETTERE SUBITO di LEGGERE!, perché tutto quello che stiamo
cercando di fare è di costringerti a proseguire la lettura.
Tuttavia questa è una DOPPIA SECCATURA in quanto se ti fermi
veramente avrai fatto ciò che ti stiamo dicendo, mentre se
continui a leggere farai in tutto e per tutto ciò che
volevamo da te. E più prosegui nella lettura più ti stai
lasciando ingannare da questo semplice stratagemma che ti
rivela esattamente come agisce un valido design commerciale.
In pratica funziona da INGANNO e questo è il peggiore di
tutti perché mentre si descrive sta cercando di ingannarti:
se avrai letto fin qui allora sarai stato INGANNATO, ma in
caso contrario non l'avresti mai saputo. Almeno te lo stiamo
dicendo direttamente piuttosto di sedurti con una immagine
meravigliosa o indimenticabile che, comunque, non è in grado
di parlarti. Ti stiamo facendo sapere che dovresti comperare
questo disco perché nella sua essenza è un PRODOTTO, e i
PRODOTTI sono fatti per essere consumati: tu sei un
consumatore così come questo è un buon PRODOTTO. Avremmo
potuto scrivere il nome del gruppo utilizzando dei caratteri
speciali così che, risaltando, l'avresti certamente notato
prima e forse acquistato in ogni caso. Con questo vogliamo
affermare che solo uno STUPIDO può acquistare o no un disco
in conseguenza del design della sua copertina. Questa è una
truffa perché se tu sei d'accordo allora probabilmente
apprezzerai questo scritto - che è il design della copertina
- e da questo momento il disco contenuto. Ma ti stiamo
giusto mettendo in guardia da questo. La truffa è sempre una
truffa. Anche se il buon "cover design" può essere quello
che spinge all'acquisto del disco, noi sappiamo che in
realtà a TE non capita mai in quanto sai bene che è solo un
design per la copertina. E questa è la COPERTINA del DISCO».
In un contesto come il nostro non possiamo addentrarci più
di tanto in un argomento che è solo tangente, ma non per
questo meno importante, alle vicende chiave, strutturali,
intimamente connesse alla specifica attività degli XTC.
Possiamo però delineare alcune considerazioni di carattere
generale, forse spunti di ricerca per un ulteriore e più
completo approfondimento.
Con la "front cover" di
GO2 siamo di fronte al caso,
piuttosto raro nella grafica delle copertine "rock", in cui
il segno aniconico - in questo caso la grafia, la scrittura
- si fa immagine(11). Ma la scritta nega anche se stessa in
quella che si può considerare la sua tipica funzione
sintetica dell'informazione sul contenuto, cioè della musica
e del musicista. Nega, qui, la connotazione della comune
tecnica pubblicitaria per cui il testo non solo si concentra
nel nome dell'artista/gruppo e nel titolo dell'album, ma è
anche disposto in un gioco di rapporti e proporzioni
grafiche con l'immagine più o meno dominante.
Inoltre, il carattere adoperato è essenziale nella sua semplicità
anonima, ma si dilata sotto il duplice aspetto
quali-quantitativo dell'informazione che veicola.
Questo recupero dell'anonimo si può considerare di chiara
derivazione Pop, e ancora prima indotto dai movimenti Dada e
Surrealismo, attraverso il processo di "dilatazione del
segno che si fa immagine"(12). Nel caso specifico si tratta
di una comunissima cartella dattiloscritta, il cui carattere
altrettanto comune è legato a una dispersa realtà di tutti i
giorni. Si fa quindi significare un segno cui solitamente si
attribuisce poca o nessuna importanza, ribaltandolo nella
soluzione-trattazione fotografica finale: il negativo(13).
Allo stesso tempo, l'impatto visivo che a prima vista si ha con
questa "sleeve" è simile a quello che si potrebbe ricevere
di fronte a un volantino delle BR, o a un comunicato
(anonimo) in merito a un riscatto... La volontà con cui si
disperde e si confonde un'identità è esattamente la stessa:
qui l'identità è di natura commerciale, è il prodotto
confezionato che denuncia, contraddittoriamente, la politica
a senso unico del meccanismo psicologico pubblicitario,
mentre "rapisce" certa sbrigatività dell'immagine figurativa
e "riscatta" la funzione del testo.
È facile accorgersi che, mentre l'immagine iconica ha bisogno di
essere semplicemente vista, per comunicare in un colpo
d'occhio tutto il suo messaggio (o anche solo quello più
apparente), il testo letterario richiede qui uno sforzo, un
lavoro attivo attraverso la partecipazione, dell'utente che
si svolge in un tempo di appercezione più prolungato.
Ma è pur vero che nel momento in cui questo testo/immagine si pone
come un anti immagine-figurativa-con-funzione-di-richiamo,
tende a sua volta, in qualità di estremo opposto, ad
incuriosire ugualmente una certa fetta di pubblico
(elitario). Funzionando ancora come richiamo. Un richiamo
che se sovverte la tipica comunicazione iconica e metonimica
di un prodotto commerciale, qualifica anche un intento
decisamente artistico.
Parlando continuamente di se stesso, del suo meccanismo e della sua
funzione, questo testo (pubblicitario) agisce da
metalinguaggio, ponendosi tra l'altro in rapporto metaforico
e non metonimico (come nel caso di una "cover" commerciale)
rispetto al titolo o al nome del gruppo. Infatti sia il
"dattiloscritto" in sé che il suo contenuto sono qualcosa
d'altro rispetto a GO2 e agli XTC: l'organizzazione
letteraria/visuale non è regolata da nessuna relazione di
"traduzione" né di "ripetizione"(14). Non c'è nesso tra
titolo e copertina o tra gruppo e copertina.
Riportiamo ora un commento di Storm Thorgerson, dello studio
grafico Hipgnosis, che ha ideato e realizzato questa
copertina:
«Case discografiche, manager e gruppi (non tutti per fortuna),
muoiono dalla voglia di utilizzare la copertina per
incrementare le vendite dei loro dischi. Chiedono sempre
qualcosa che colpisce l'occhio, di buon gusto (o anche di
cattivo gusto - c'è forse qualche differenza?), stimolante,
gonfia d'intrighi e carica d'impatto. Non importa tanto che
cosa, basta che soddisfi lo scopo di preoccuparsi del
pubblico. Dal canto mio ho sempre pensato, forse un po'
ingenuamente, che chiunque comperi un disco per la sua
copertina sia un pazzo. Ma... la CBS ha condotto
un'inchiesta segreta ed è giunta alla conclusione che la
confezione può influenzare, in ogni modo, il 20% delle
vendite. E quelle bands che hanno saputo resistere fino al
1982 sono state molto consapevoli del ruolo dell'immagine
nell'ambito del "merchandising". Ma non importa molto il mio
parere personale. Le copertine diventano sempre più
raramente un puro piacere estetico in quanto difficilmente
separabili dal loro intento commerciale. Tuttavia ho qui
avuto la possibilità di esprimere il mio punto di vista
all'interno di un fatto d'altra natura quale è la copertina.
Le sue radici culturali vanno lette nell'opera di R.D. Laing,
forse malamente assimilato da me, e ricreate come design.
Anche se di fatto questo è uno scaltro anti-design: un
comune datti lo scritto e per di più senza una marginatura
accurata. Il messaggio poi non voleva essere ridondante, pur
risultando piuttosto complesso come esempio di discorso a
doppio senso, d'ipocrisia "onesta". Francamente avrei
giurato di non conoscere un predecessore di questo pezzo, ma
Neville Brody mi fece notare l'esistenza di un dipinto di
Pop Art intitolato This Is a Painting. Tra l'altro
utilizza la definizione del dizionario e l'analogia sta
anche nella scritta bianca su sfondo nero»(15).
A proposito di riferimenti iconografici viene in mente, oltre al
discorso sulla "poesia visiva"(16), La Didascalia di
Ugo Mulas, realizzata intorno al 1970 nel suo sistema delle
"Verifiche". In Mulas il procedimento tecnico della frase
dattiloscritta - "questo è il mio ultimo quadro" -montata
sulla foto di un riquadro in stucco bianco, parte da
presupposti diversi (il fotomontaggio tende a significare la
presenza di Man Ray, e della sua poetica, all'interno
dell'inquadratura).
A parte il pressoché identico effetto finale, che permette di
«rendere spaziale un fatto letterario, sonoro, che di per se
significa una non-immagine»(17), quella del testo scritto è
in entrambi i casi l'unica possibile soluzione grafica e di
design per significare visivamente un concetto verbale,
oltre che a significare i rispettivi substrati espressivi.
Senza la scritta applicata da Mulas, che è il commento fatto da Man
Ray al momento dello scatto, non si sarebbe ottenuto quel
conferimento di senso da lui vissuto, testimoniato in parte
(per il semplice motivo che una camera fotografica non
impressiona anche il "sonoro"), e reintrodotto (facendo
"esistere" quel quadro "possibile").
Allo stesso modo Thorgerson non ha potuto utilizzare un altro
linguaggio, diverso dal letterario, per tradurre in immagine
il suo punto di vista incriminatorio/apologetico nei
confronti dei meccanismi esteriori, ma profondamente
psicologici, che inducono l'acquisto dell'«opera d'arte
nell'epoca della sua riproducibilità tecnica»(18).
La "back cover" di
GO 2 continua con la stessa impostazione
grafica ("We have kept it in the same style so that the
entire package has a sense of IDENTITY whichever way see it"),
aggiungendo però un altro interessante particolare. Quando
il testo riporta i titoli dei vari brani, verso la fine di
ogni riga si staglia una troncatura irregolare sul carattere
bianco, in modo da sospendere la continuità delle parole. Ma
l'inserto apribile contenuto nel disco riporta in un angolo
la parte mancante con un effetto a incastro che può essere
considerato come un caso particolare di "apparizione (o
obliterazione) progressiva"(19). In pratica il procedimento
di formazione/comprensione del messaggio "a tessera del
puzzle" richiede un intervento da parte del fruitore.
Ovviamente lo stesso discorso vale per il procedimento
inverso di scomposizione/desemantizzazione.
È anche significativo di questa copertina il fatto che non sia
stata progettata appositamente per gli XTC (né per un'altro
gruppo specifico). Infatti qualche anno prima del '78 era
stata sottoposta ai Pink Floyd, ma venne rifiutata. La
stessa cosa avvenne anche con i 10 CC: «Forse era troppo
vicina all'essenza del suo funzionamento per essere così
poco gradita dai grandi gruppi. Tanto meglio per il nuovo
mondo oltraggioso di cui gli XTC facevano parte»(20).
Per esaurire il discorso su questa "cover", non resta che
verificare l'opinione di Andy Partridge: «Nell'affanno di
riuscire a piacerci fecero un ultimo disperato tentativo con
lo "scherzo" di turno. Una "cover" il cui design si
presentava come un vero e proprio decalogo della perfetta "record-sleeve".
La trovammo subito un'idea eccellente. Quelli dello studio
cominciarono a tossire nervosamente e arrossendo ci dissero
che quello "scherzo" era stato rifiutato da molti dei nomi
più in vista della scena rock per il suo contenuto così
pesante, volgare, manifesto... Un motivo in più per
accettarla definitivamente. Suppongo che questa "cover" ci
abbia reso i tutori dell'anticristo delle copertine:
tipograficamente fa l'effetto di un autentico pomo. Che
oscenità!»(21).
The Big Express
(22)
La funzione pratica di una copertina è anche quella di
contenere e di proteggere il disco, ottimizzando ogni
operazione di estrazione e di inserimento in modo semplice e
rapido, oltreché di collocazione in quanto oggetto. Tutto
questo si traduce in un formato quadrato, e chiameremo
"funzionali" e "utilitarie" quelle copertine - che sono poi
la maggior parte -rispondenti a questi requisiti.
Con
The Big Express siamo invece di fronte a una copertina
che trascura l'aspetto utilitario e funzionale per assumere
un nuovo significato dato dal suo particolare formato, che è
appunto circolare. Ogni volta che si trasgredisce il tipico
quadrato (ma la trasgressione del formato può avvenire anche
in termini di superficie, solitamente liscia), la copertina
si costituisce come oggetto "altro" e, traducendosi
nell'imitazione del relativo contorno perimetrale, diventa
una "cover-segno".
Infatti l'immagine stampata sulla "front-cover", una fotografia
raffigurante una grande ruota, connotandosi attraverso il
formato circolare della copertina stessa diventa segno. La
forma circolare della ruota viene a coincidere con la
circonferenza della copertina. Va quindi sottolineato come
la nuova geometria del formato si lega metaforicamente,
oltre che all'immagine della ruota, anche alla circolarità
del disco. Disco, ruota e copertina sono dunque espressi
contemporaneamente da un unico comune denominatore.
In effetti la ruota si connota anche metonimicamente rispetto al
titolo del disco, The Big Express, in quanto
particolare scelto per rappresentare e significare il treno.
Una copertina come questa, con questo formato, ha dei precedenti
nel disco Ogdens Nut Gone Flake degli Small Faces
(Immediate, 1968) e in E Pluribus Funk dei Grand Funk
Railroad (Capitol, 1972); oltre che in Metal Box dei
P.I.L.
Per concludere, certo sommariamente, questa appendice dedicata alla
"record-cover", dobbiamo ricordare come il formato agisca
qui sulla gestualità del fruitore, attraverso un
prolungamento temporale del rapporto con l'oggetto stesso:
l'impaccio con cui si ripone il disco nella copertina nega
il contenuto semantico della cover-funzionale, cioè la sua
praticità
Note
(1) Ci riferiamo al volume di I. BERNI/E. GENTILE/ A. TONTI,
Cover & Cover, Milano, Mazzotta, 1982, in cui tra
l'altro l'impostazione generale del lavoro è presa a
prestito da HIPGNOSIS/DEAN/HAMILTON, Album Cover Album.
Surrey. Dragon.s World, 1982. Per meglio comprendere i
limiti di questo lavoro può essere utile un commento di A.C.
Quintavalle sulla metodologia da lui applicata al sistema
del manifesto: «La vicenda del manifesto va studiata
comunque il meno possibile all'interno del genere, non per
farne una sottostoria della pittura, ma per collegarla alla
storia "dei linguaggi" che sono paralleli e ricchi di
interrelazioni con questa» (A.C. QUINTAVALLE, Parola/Immagine, Istituto di Storia dell'Arte
dell'Università di Parma, 1971, p. 22). Il discorso è
ugualmente calzante se applicato al sistema della
"record-cover".
(2) Will Straw, del Film Studies Department della Carleton
University (Ottawa), sta conducendo uno studio scientifico
applicato alla cover della "popular music" americana dal
1976 al 1986.
(3) Cfr. ROLAND BARTHES, Elementi di Semiologia, Torino,
Einaudi, 1966
(4) Per testo qui si deve intendere l'insieme delle notizie
scritte sulla copertina che illustrano il contenuto del
prodotto: titolo del disco, nome dell'artista/gruppo, titoli
dei brani, "credits" vari, ecc.
(5) A sua volta il testo letterario può complicare i due
sistemi ogni volta che è riportato sull"'inner-sleeve".
(6) Cfr. L. HJELMSLEV, Essais Linguistiques,
Copenaghen, 1958.
(7) R. BARTHES, op. cit. pp. 34- 40.
(8) In questo ambito tralasciamo l'approfondimento della
"sostanza", costituita dal musicista/gruppo, e della "forma"
costituita dalla materia sonora.
(9) VITTORIO AZZONI, Peter Saville, in "Fare Musica" gennaio
1986, Roma.
(10) lbidem.
(11) Nel caso di Drums and Wires, invece, la cui
ideazione nasce da Partridge, il segno grafico (aniconico)
si fa icona (immagine con un suo "denotatum", quindi nel
campo dell'arte semantica): qui la scritta XTC viene
dilatata in un disegno che raffigura un volto stilizzato.
(12) Questo procedimento si può considerare mediato, per
esempio, dal Wharol di Paris Review (1967): «Wharol
dilata uno dei tipici processi dell'emblematica Pop,
un'immagine, cioè un segno che in tale maniera si fa
immagine, con un recupero degli oggetti consueti del
quotidiano che li dignifica fornendo loro evidenza e
caricandoli d'informazione» (A.C. QUINTAVALLE, op. cit. p.
59).
(13) Prima di arrivare al negativo è stato realizzato un
ingrandimento con il PMT (Photo Mecanical Transfert): un
sistema a stampa B/N che produce rapidamente, e in modo
semplice, negativi e stampe.
(14) Cfr. A.C. QUINTAVALLE, op. cit.
(IS) STORM THORGERSON/HIPGNOSIS,
The Goodbye Look,
London 1982, pp. 84-86. Quando Thorgerson parla di "scaltro
anti-design " viene in mente Baudrillard quando afferma che
«Tutto ciò che vuole rappresentarsi come marginale,
irrazionale, in rivolta, "anti-parte", "anti-design", ecc.,
dal pop allo psichedelico e all'arte nella strada,
ubbidisce, lo voglia o no, alla stessa economia del segno, è
tutto design. Nulla sfugge al design: è la sua fatalità» (JEAN
BAUDRILLARD, Per Una Critica dell'Economia Politica Del
Segno, Milano, Mazzotta, 1974).
(16) Della "poesia visiva", che trae origine dalle parole in
libertà futuriste e dal "poème-objet" surrealista, si può
riscontrare qui l'utilizzo della dattilografia in funzione
di una corrispondenza tra arte e critica. Lamberto Pignotti
chiarisce che «questa particolare "scrittura intermedia" si
pone dichiaratamente come forma d'arte e simultaneamente
anche come forma di critica: critica di come si dipinge, di
come si mette in forma, di come si mette per iscritto il
mondo; autocritica di questa forma critica, di questa forma
di scrittura. La conseguenza, anche più pratica, di ciò che
è più spesso in altri generi d'arte, qui l'operatore è
naturalmente portato a "presentare" la sua operazione, a
darne le istruzioni per l'uso». (in ADRIANO SPATOLA, La
Forma della Scrittura, Comune di Bologna, Galleria d'
Arte Moderna, 1977). Infatti dal testo di GO 2 esce una
critica al "cover design " e contemporaneamente vengono
fornite in progressione le "istruzioni" per la sua
decifrazione, per il suo "uso".
(17) A.C. QUINTAVALLE, La Messa a Fuoco, Milano,
Feltrinelli, 1983.
(18) WALTER BENJAMIN, L'Opera D'Arte Nell'Epoca Della Sua
Riproducibilità Tecnica, Torino, Einaudi, 1966.
(19) Cfr. A.C. QUINTAVALLE,
Parola/Immagine, op. cit.
(20) STORM THORGERSON/HIPGNOSIS, op. cit.
(21) Ibidem.
(22) Per approfondire il significato del titolo confronta la
nota 11 al capitolo Per una discografia estatica.