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Andy Partridge - Fuzzy Warbles 1&2
Ape House
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Una volta inafferrabili, ora sono ovunque. Ma una via di
mezzo, fra l'abbandono rischiato all'indomani di Nonsuch, un disco
straordinario, e la pletora di pubblicazioni degli ultimi anni, forse la si
poteva anche trovare. Facendo seguito a cofanetti e dischi normali o quasi,
queste due raccolte di demo confermano e smentiscono tutto e il contrario di
tutto. Che Partridge fosse un teorico
dell'invenzione musicale "gratuita", cioè senza fini di lucro, lo si sapeva. Che
anche i suoi "scarti" non fossero tutti da rendere pubblici, lo si doveva
immaginare. Il rischio infatti è che queste esibizioni dei gioielli di famiglia
rimasti a lungo sepolti nella cripta lasciano un po' il tempo che trovano.
Partridge è incontenibile. Soprattutto da quando si è reso conto di non essere
più in grado di suonare dal vivo (primi anni Ottanta), la sua vena compositiva
si è centuplicata. Non scrive nemmeno vere e proprie canzoni. Il più delle volte
sceneggia sensazioni, commenta notizie appena lette, si fa la barba modulando su
un vecchio tema popolare o sull'ennesima ossessione Beatles. La traccia scartata
da Nonsuch ha la stessa bellezza di Nonsuch. Ma il resto, pur raffinato, è solo
per curiosi. La perfezione non esiste nemmeno a Swindon.
Enrico Sisti - "Musica" di Repubblica del 30/1/2003
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ANDY PARTRIDGE Fuzzy Warbles #3 Fuzzy Warbles #4
Ape
House
Abbiamo sognato per anni, noi malati di
XTC, che Andy Partridge aprisse i suoi archivi e a ogni stella cadente
abbiamo legato il desiderio di uno di questi demos. Dev'essere
caduto il cielo. Da quando è libero dai ceppi Virgin, il signor Andy non
fa che inondarci di quel materiale nelle più diverse forme. Si può
fermare la piena, si può invocare, come dicono a Milano, "parola torna
indietro"? Non si può. Così ecco, nello splendore di due CD ricchi di
note & testi & spiritosaggini very Andy P., ecco i volumi 3 e 4 della
rinomata serie "Fuzzy Warbles" che (in 10 tomi, se non sbaglio),
dovrebbe divulgare tutto ma proprio tutto l'archivio segreto del nostro
beneamato. Tutto: anche alcuni microbici jingles per un dj
swindoniano, anche scherzi improbabili sulla logora pelle di un 78 giri
gracchiante, anche laboriosi pasticci su una cassetta di musica africana
fino a che non entra la signora Partridge e cinguetta: "cosa ti va di
fare stasera, caro?". Be', era questo che volevamo e adesso teniamocelo. Un grato pensiero
comunque a Colin Moulding, che ha avvisato il socio di non contare su di
lui e di non spendere quindi la sigla XTC. Il signor P non ha fatto una piega e si è limitato ad attingere ai suoi capaci depositi, con minimi
aiuti esterni: c'è una versione di "Helicopter" con Moulding e Terry
Chambers, marzo 1979, e una (pregevole) copia nota-per-nota di "Strawberry
Fields Forever" tutta suonata da Dave Gregory ma cantata dal nostro
incontenibile. Gli oggetti sono carini e ben curati, si sarà capito che il problema è
il "troppo", oltre ogni pazienza e amore e smania filologica. Trentotto
canzoni e, siatene certi, nessuna perdita significativa non dico per la
storia del rock ma neanche per la storia degli XTC. Al massimo
divertenti variazioni a temi noti, come una "Train Running Low On Soul
Coal" che manda fischi e rumori come una locomotiva infernale o una
dolce "Season Cycle" con l'aiuto di un amico "pensionato psichedelico",
Dave Morgan; e qualche boutade rimasta a mezz'aria come una "This
Is The End" tagliata via da "Oranges & Lemons" (peccato, era una buona
idea) o una demenziale "Put It On Again" a cappella che ripete:
"Mettetelo su ancora. Perché non lo lasciate sul piatto tutto il
giorno?". Eh no, su, non scherziamo!
Riccardo
Bertoncelli - Rockerilla n. 277 - settembre 2003
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