Ti senti bene? Sei a tuo agio? Vuoi il posacenere? Andy Partridge, il gran capo degli XTC, usa mille e una attenzione nei confronti dell'intervistatore.
No, non lo fa per accattivarsi i favori della critica (non ne ha proprio bisogno); semplicemente desidera che tutto fili via liscio. Uno scambio reciproco di pianti di vista. il più possibile costruttivo. Un po' riflessivo Dottor Alambicchi, un po' eterno bambinone che non ti stupiresti di vedere alle prese con trenini o automobiline di latta, Andy ti scruta da dietro gli occhialini tondi.
Il suo è uno spiegarsi per metafore, castelli in aria, archeologie musicali, bislacchi ragionamenti da piccolo eroe di Cartoonia.
Sembra galleggiare in un suo mondo privato a un millimetro dal paradosso: ubicato tra Swindon (la sua tana immersa nella provincia inglese) e, forse, l'Isolachenonc'è.
Comincio col chiedergli lumi su «Nonsuch», ennesimo pezzo da novanta dell'Ineffabile Trio dell'Ecstasy, nonché nuova materia di studio da parte di ogni buongustaio della musica.
Sulle prime, Mr. Partridge sembra glissare. Ma è sincero in ciò che dice: «Non saprei... Non mi riesce ancora di metterlo a fuoco. Mi succede sempre quando esce un nostro nuovo album.
E' naturale. Ho bisogno di ruminarlo con calma, digerirlo e ridigerirlo. Ne potrò fornire una lettura approfondita fra qualche anno; quando uscirà il prossimo disco degli XTC».
Azzardo: e se da qualche anfratto sbucassero fuori a sorpresa i Dukes Of Stratosphear? «Lo escludo». E' un capitolo chiuso da tempo. «25 O'Clock» e «Psonic Psunspot» ci permisero di dar vita alla band in cui ognuno di noi, quand'era ragazzino, avrebbe voluto militare.
Il progetto Dukes Of Stratosphear ci fece concretizzare appieno le nostre nostalgie legate al suono psichedelico e, più in generale, alla musica degli anni Sessanta.
Con quei due dischi ringraziammo idealmente tutti i nostri idoli. Certamente quelle atmosfere appartengono (magari in maniera più stimata ma non meno efficace) all'universo XTC.
Del resto, se fossi vissuto negli anni Quaranta, oggi continuerei a fare musica da big band. Ma siccome ho iniziato a pensare col cervello nei Sessanta... Comunque ci piacerebbe tornare a esprimere altri tipi di musica sotto pseudonimo.
La prossima reincarnazione potrebbe avvenire all'insegna della bubblegum music, o comunque, a suoni tutt'altro
che rispettabili».
Insisto nuovamente su «Nonsuch» e lui mi risponde: «Mi sento come un pesciolino rosso imprigionato in un acquario che non si rende conto di quale forma abbia l'acquario. Quindi, non me la sento di sbilanciarmi sulla "forma" del nuovo album.
Potrei tentare con una descrizione cromatica: a cominciare dal disegno di copertina, il precedente «Oranges And Lemons» era brillante, vivace. Suoni che mi fecero pensare al colore violento della carrozzeria di una Cadillac anni Cinquanta.
"Nonsuch", al contrario, è virato su tonalità più pesanti e sfumate. Non so se rendo l'idea: come quando ti ferisci il bordo del labbro e ne fuoriesce sangue così scuro da sembrare già vecchio. Non ti pare?». Ma voi, vi sentite i divulgatori del rock intellettuale? Andy sbotta in una fragorosa risata: «Per carità! Ti dirò che, anzi, qualcuno pensa che siamo stupidi.
Se essere intellettuali vuol dire farsi fondamentalmente i fatti propri in quel di Swindon,
e, nel mio caso, leggere un buon libro e ascoltare
madrigali del Seicento.... Allora significa essere
del tutto fuori strada. Noi non ci siamo mai
prestati a giochi di potere e ci basta sapere che in
giro per il mondo c'è qualcuno che conserva i nostri
dischi».
Correggo il tiro: allora vi considerate una cult band... «In ogni latitudine il punto di vista di chi ascolta gli XTC muta totalmente. Negli Stati Uniti, ad esempio siamo considerati una "college band" e chi acquista i nostri album potrebbe quasi esserci figlio.
Culto o meno, sono processi mentali del tutto personali. Ognuno ci può decodificare come meglio crede. Trovo quantomeno bizzarro (per tornare in tema di stupidità) che continuino a circolare band che fanno dell'imbecillità il loro asso nella manica. Per vendere più dischi». Mi permetto di insinuare che la musica degli XTC, spesso, ha delle connessioni con quella dei 10 c.c. degli anni Settanta. Andy mi scruta in cagnesco e dice: «Non sei il solo a pensare ciò. Ma non mi trovi d'accordo e nemmeno gonfio d'orgoglio.
Non ho mai trovato le architettura sonore dei 10 c.c. particolarmente funzionali. Come dire: ampi saloni luminosi dalle porte troppo piccole... Arzigogoli a discapito di una reale sostanza. Salverei dal macero sol tanto «The Original Soundtrack» e «How Dare You».
Lo stuzzico su storie live. In fin dei conti è dall'82 che gli XTC non si esibisco no più dal vivo. Fu l'anno di un indimenticabile tour italiano... «Intendi domandarmi se abbiamo in progetto un tour? Ti rispondo subito: no. Il palco non ci interessa.
Le groupies nemmeno. Cosa vorrebbe il pubblico da noi? Che ci trasformassimo come per magia in showmen? Che ci lasciassimo toccare il culo? Nemmeno per idea. Odio il contatto fisico e ai tempi dei nostri concerti rischiai troppo, in termini psichici». Niente ripensamenti, quindi? Niente Andy Partridge
futuro sex symbol? «Chissà, forse per inseminazione
bovina... ».
Tornando a «Nonsuch», chiedo al folletto di Swindon delucidazioni sul brano «The Ballad Of Peter Pumpkinhead». Chi è il protagonista? C'è chi dice John Lennon, chi Gesù, chi ancora JFK. Partridge insiste: trattasi semplicemente di una zucca da consacrare per la notte di Halloween.
Per quanto riguarda invece il pezzo che gli sta più a cuore, è «Rook»,
che «... indica con sicurezza la direzione che
percorreremo nel prossimo lavoro».
Mi insinuo nel personale. E riesco a sviscerare tutto il suo humour. Le letture, ad esempio: «Ho l'atavico vizio di leggere più libri alla volta. In questo momento solo volumi storici». Socchiude gli occhi, si concentra e cerca di focalizzare i tomi appoggiati sul comodino di casa.
Snocciola: «Trovo particolarmente stimolanti» Note sul Rinascimento, «L'Arte della Guerra nel Rinascimento Vol. III», «Verità e Finzione nella Bibbia»... Riuscii solo una volta a leggere un romanzo.
Avevo vent'anni e mi capitò fra le mani «Avventure del buon soldato Svejk durante la Guerra Mondiale», una satira antimilitarista scritta dal romanziere ceco
Jaroslav Hasek.
Mi calai totalmente nei panni del protagonista quasi a perdere la mia identità. Fu una folgorazione». Ti capita mai di fare sogni ricorrenti? «Sogno
spesso di volare. Quand'ero adolescente, invece,
sognai di venire attaccato da enormi numeri, o di
entra re nel corpo inanimato del mio migliore amico.
Sogno anche di fare l'amore con i vicini di casa. Ma
il loro sesso mi sfugge... Del resto, le donne non
sono quasi mai attraenti e gli uomini sono sempre
insopportabili».
Lo metto alle corde chiedendogli di descrivere il proprio carattere: «Ho dosi ben equilibrate di Satana e di un cherubino. Mi piace cullarmi nell'idea di annegare in tutto ciò che è meraviglioso. Non ha senso vivere se non con lo scopo di afferrare il bello.
Ognuno di noi ha il dovere di innalzarsi al di sopra del livello animale.
Se vi riusciamo, potremmo quantomeno raggiungere il livello delle farfalle o delle formiche ... ». Prima di congedarmi, formulo ad Andy un ultimo quesito: qual è il segreto del la longevità e dell'affiatamento degli XTC? «Prima di tutto il fatto di non essere mai diventati famosi.
E facciamo di tutto per non diventarlo. Se la notorietà ci avesse spalancato le braccia, anche soltanto un poco, ci saremmo sciolti da tempo immemore. Certo, ci stimola la spinta del guadagno, ma sappiamo bene che non ci pioveranno mai addosso grosse cifre di denaro.
Il segreto degli XTC è quello di ridisegnare ogni volta il gioco
evitando l'autodistruzione. Quando siamo chiusi in
sala di registrazione c'è una grande, immaginaria
carota davanti al nostro naso. Che tentiamo di
afferrare ma che, fortunatamente, ci sfugge via.
Ecco, è la mancanza di riconoscimenti tangibili a
farci sentire vivi».
Mi sorride, mi stringe la mano e ritorna nel microcosmo ovattato di Swindon, a un tiro di schioppo dall'Isolachenonc'è. Si mormora di un appuntamento con il Sergente Pepper. A
Cartoonia, naturalmente.
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