- Nonsuch
- Testi con traduzione a fronte
di Andrea Coralli (1964-1993)
dal volume "Navigando sui mari di formaggio", itinerari velici nel
pantano della popular music.
Auditorium Edizioni Milano - 1996
erewhon.gpa.it/acq/auditor/libri.htm
Nonsuch,
Virgin, 1992
Fra la stima di pochi e l'indifferenza dei più, il trio inglese degli XTC è giunto a pubblicare il suo decimo lavoro in quindici anni di
attività. Il gruppo esordì sulla scena musicale nel 1977, in pieno
sommovimento punk. E il punk lascia qualche traccia nell'asprezza del
sound degli esordi (il primo lp, White Music, è del 1978), anche
se fin d'allora esso presenta una evidente caratterizzazione pop,
termine quest'ultimo da intendere in senso storico. Gli XTC sono infatti
andati assumendo sempre più negli anni i connotati di una band
sublimanente pop, così sublime da rimanere sprovvisti lungo il cammino
di un elemento fondante della stessa etichetta musicale: la popolarità.
Fattore quest'ultimo che non ha mai arriso veramente al gruppo, che, pur
avendo dalla sua doti apparentemente adatte per aprirsi il varco verso
il successo, ha finito col rimanesse sempre al di qua, in una terra di
nessuno sospesa fra le élite della sperimentazione colta e gli squisiti
sapori della melodia allo stato puro, centellinata da cultori sparsi in
mezzo mondo. Del resto sul piano strettamente stilistico-musicale la
band di Swindon (cittadina a ovest di Londra, non lontana da Bristol)
viene spesso accostata al prestigioso nome dei Beatles, e non
illegittimo sarebbe ascrivere i suoi due songwriter all'albero
genealogico dei grandi facitori di canzoni del Regno di Albione, quella
che dagli stessi McCartney e Lennon e Ray Davies dei Kinks va fino a
Elvis Costello, Paul Weller e, dulcis in fundo, Peter Blegvad, con cui,
non a caso, i nostri due hanno collaborato in passato.
Gli XTC devono la notevole carica
di fantasia e freschezza di tanta loro produzione alla grande varietà di
riferimenti musicali ed extramusicali raccolta, con la maniacalità del
collezionista, in ogni loro lavoro, oltre a un'indubbia abilità
artigianale nel muoversi in studio di registrazione tra suoni acustici,
elettrici ed elettronici, spesso condensati in preparati di rara
perfezione.
E' il caso anche di questo ultimo
Nonsuch, uscito a tre anni di distanza dal precedente
Oranges
& Lemons. Ancor più del predecessore, il nuovo prodotto evidenzia la
deriva pop-rock seguita dal gruppo: ovvero la canzone della tradizione
di cui sopra come precipitato di delizie dolciarie, fino ai limiti della
stucchevolezza, un McCartney affrontato e superato sul suo stesso
terreno di tiepidi languori domestici. Ciò soprattutto su iniziativa di
Andy Partidge ("quando McCartney fa certe cose, potrei ucciderlo con un
Black & Decker arruginito; poi mi ascolto, e capisco di essere caduto in
un abisso del genere"), il più prolifico dei due compositori del gruppo,
nonchè chitarrista dello stesso. L'altro è il bassista Colin Moulding,
autore in genere parco e pregevolissimo, mentre il terzo uomo, Dave
Gregory, è un polistrumentista che funge da certosino cesellatore dei
suoni del piccolo ensemble. Anche nel nuovo lavoro Moulding si conferma
all'altezza della fama, e dei quattro brani composti tre ci paiono
davvero superbi. My Bird Perform è costruito su una delicata
tessitura di chitarra, in cui si inserisce la batteria e una seconda
chitarra riverberata. La voce colpisce nella sua sobrietà, così come, in
fase solista o di controcanto, la tromba e il flicorno suonati da Guy
Barker. Raramente una canzone esprime felicità e senso di appagamento
con tanto garbo e leggerezza. Bungalow è un'altra canzone di
stampo idilliaco, con un gusto volutamente démodé e alcune accentuazioni
fra il sacro e il fiabesco nel coro, che può anche ricordare quello che
chiude il lontano Pawn Hearts dei Van der Graaf Generator. "Sono
geloso che Bungalow l'abbia scritta lui. Ne compone poche, ma
bellissime": così lo stesso Partridge (in Inventare l'inventato, a cura
di Aldo Vitali, intervista che compare su "Live Music", a. 1, n. 2, pp.
36-38). A ben altre situazioni e atmosfere rimanda invece War Dance,
che esprime la preoccupazione per il diffondersi di sentimenti
nazionalistici e interventisti in occasione della recente Guerra del
Golfo. Il brano è aperto da una frase di sintetizzatore che emula il
clarinetto, adeguato ai timbri gravi che compongono l'intera canzone col
contrappunto, specie nel ritornello, di interventi fiatistici più secchi
e taglienti.
Non da meno, sul piano qualitativo,
è l'apporto di Partridge, il quale firma tredici composizioni. A partire
dal brano di apertura, The Ballad of Peter Pumpkinhead, che ci
consegna a quell'essenzialità narrativa e musicale che il rock talvolta
condivide con la musica popolare; vi troviamo tanto di riff di armonica
a bocca, chitarre elettriche 'spiegate', batteria che scandisce
canonicamente il tempo in quarti fra charleston, cassa e rullante. Nel
puro idioma rock, al min. 3:34, l'arresto in sfumato delle chitarre per
lasciare in evidenza il ritmo della batteria e la voce, con inserimenti
successivi di campane di chiesa(??) e delle chitarre, una delle quali
impiega un effetto eco. Dear Madam Barnum e Humble Daisy
richiamano palesemente i Beatles e McCartney in particolare. Gli accordi
iniziali della seconda ricordano un passaggio dell'inciso strumentale di
Your Mother Should Know (song mccartneiana in Magical Mistery
Tour), e al quartetto fanno pensare il piglio da banda di circo (Barnum,
del resto), i coretti e le armonizzazioni vocali nella strofa e il
vociare di un immaginario pubblico nella seconda. D'annata, nello stessa
canzone, l'uso da parte di Gregory dell'organo Hammond, presente anche
in altri cinque brani dell'album: un indizio dell'inclinazione
storicizzante, discreta e mai ostentata, che compone il sound del
gruppo.
D'altro canto non si può ridurre la
musica degli XTC a una sorta di ben temperato prontuario beatlesiano e
della bella musica del tempo che fu. Semmai è più giusto, una volta
identificata la dialettica fra tradizione e innovazione nella musica
degli swindoniani, parlare con Riccardo Bertoncelli di "enciclopedisino
musicale" dei tre (vedi l'introduzione a XTC, Arcana, 1992, p. 35), o di
una grande recettiviità e creatività nell'attraversare la fertile
tradizione del rock dalle origini ai giorni nostri. Lo stesso Partridge
del resto 'confessa' la derivazione Fleetwood Mac di The Disappointed,
l'impiego degli accordi di I Get Around dei Beach Boys per Books are Burning, mentre, sempre secondo il suo autore,
Wrapped
in Grey "è un pezzo di Burt Wilson, nel senso di Burt Bacharach più
Brian Wilson". Omnibus, una sorta di filastrocca che, al pari di Holly up on Poppy, ci mostra un Partidge come McCartney interessato
alla melodia infantile, prende lo spunto da un accordo di See Emily
Play dei Pink Floyd di Syd Barrett, quello arpeggiato dalla tastiera
in chiusura di ogni verso del ritornello (si veda ancora Bertoncelh alla
pagina citata).
Abbiamo poi
Then She Appeared,
aperta da un arpeggio di chitarra a dodici corde a cui segue la voce
solista sospesa fra sogno e incantamento, ancor più quando il
controcanto e un sintetizzatore che sa di flauti di mellotron
illanguidiscono con grazia il tessuto melodico del brano. "Then she
appeared, apple venus on a half open shell": una visione botticelliana
messa in musica. Wrapped In Grey presenta piano e quartetto
d'archi al completo acccanto agli strumenti più consueti e un testo che
invita i sognatori, le cui "bizzarie inconsce" sono popolate da
"mongolfiere e vaporetti", "pappagalli e lemuri", a "non lasciare che i
senza cuore vi rifilino un mondo avvolto nel grigio". The Ugly
Underneath va segnalata almeno per il ritornello, con gli splendidi
arrangiamenti di tastiera e chitarra di Gregory, che risaltano con
pienezza nel finale, di sapore quasi bachiano (o bisogna riferirsi a
Bacharach e Wilson, come fa lo stesso autore?).
Il disco è chiuso da
Books Are
Burning, a cui già si accennava per l'ascendenza Beach Boys. Si
tratta, con Rook (brano lento molto bello che ha un'elaborata
costruzione armonica su un tempo di 3/4, con una sequenza di piano che
pare rimandare a esperienze minimaliste), dell'unico pezzo di Partridge
di cui egli si dichiari soddisfatto. Pur non essendo d'accordo con lui,
diciamo comunque che è un brano distesamente rock, con una serie di
quattro assoli di chitarra (tanti non se ne ascoltano in tutto il resto
del disco) scambiati fra l'autore e Gregory, e un coretto che chiude
canzone e album. Il titolo e il teso si riferiscono con buona
probabilità alla vicenda dello scrittore Salman Rushdie e a tutte quelle
situazioni di intolleranza che dal campo culturale si estendono a quello
della convivenza civile tra uomini: "Books are burning / In the still
air / And you know where they burning books / People are next".
La strada che gli swindoniani
percorrono da anni mostra altri possibili compagni di cammino, oltre a
quelli appartenenti alla tradizione illustre di cui si è detto sopra.
Non ci sembra improprio fare il nome dei Pere Ubu, anche loro partiti da
un ruvido sound di matrice punk, nella variante americana del garage,
per approdare all'eccellente compostezza pop, sicuramente non apprezzata
dalla maggior parte degli estimatori della prima ora, di un album come
Worlds in Collision (se ne veda la recensione su "Auditorium"
8/1991). Ma viene anche da pensare, fosse anche solo per opposizione, al
versante commercialmente più redditizio di certo pop-rock rappresentato
dai Talking Heads e da Joe Jackson (la cui vocalità, tra l'altro, può a
tratti richiamare quella un po' enfatica di Andy Partidge), 'coetanei'
degli XTC e provenienti, con approssimazione, da un analogo contesto
socio-musicale. Comune è l'approccio ironico e demistificante a una
certa idea sacrale di rock'n'roll, la consapevolezza critica e il taglio
intellettuale del loro fare musica, diverso, e non poco, è invece
l'esito sul piano concreto delle scelte stilistiche, della scelta dei
modelli cui far riferimento, della promozione della propria immagine.
Tornando al disco, resta da
rilevare la grande cura dei suoni, la grande pertinenza degli
arrangiamenti, compresi quelli per le sezioni di archi e fiati, la
convincente prova fornita dai diversi collaboratori, a partire dal
batterista Dave Mattacks, storico componente del gruppo di folk-rock dei
Fairport Convention negli anni '70, bravissimo nel rinfrescare il
drumming della band, che, affidato a Pat Mastelotto, risultava un po'
troppo 'programmato' nel precedente Oranges & Lemons. Nonsuch
ci sembra costituire un punto d'arrivo per i tre musicisti inglesi,
forse anche un punto di non ritorno, oltre cui non è più possibile
andare. Come è infatti pensabile che riescano a levigare e limare
ulteriormente il loro già abbastanza prezioso 'pop perfetto' senza farlo
scomparire in un pulviscolo dorato? E come gli sarà possibile continuare
ad attingere a un patrimonio altrui, peraltro inesauribile, senza
generere un'impressione di già-sentito? Non crediamo che gli XTC siano
un gruppo destinato ad accasarsi sulle rive di una scrittura musicale
standardizzata o sterile. E' legittimo avanzare il sospetto, o il
timore, di manierismo, ma di un manierismo da intendere nel senso di
pieno raggiungimento di una misura che, nella sua dialettica fra
emulazione e ricreazione, tende a conformarsi come classica. Cosa non da
poco, in un momento musicale in cui prevalgono le spinte centrifughe, le
infrazioni alle regole e le contaminazioni che sembrano annunciare
l'arrivo di un nuovo barocco di massa. Si può essere non d'accordo con
l'anelito di classicità e misura che la musica degli XTC esprime, ma non
ci si può trattenere dall'alzarsi in piedi e applaudire al passaggio di
Pietro Testadizucca e dei suoi amici. Hooray!
XTC. Testi
con traduzione a fronte, Arcana, Milano 1992.
In parallelo all'uscita del nuovo
album degli XTC, con gran tempismo l'Arcana pubblica nella sua collana
più diffusa, "Musiqa", un'antologia di traduzioni di liriche del gruppo
con testo a fronte. Si tratta in tutto di 65 brani, che costituiscono
appunto solo una parte dell'intero repertorio di testi dei tre di
Swindon (in realtà gli autori dei testi, come delle musiche, sono i soli
Moulding e Partidge). Non si poteva d'altronde chiedere alla casa
editrice uno sforzo maggiore, vista la diffusione pressoché amatoriale a
cui il libro sembra esssere destinato. Molto del pregio del volume è
nella bella introduzione di Riccardo Bertoncelli, La ballata delle
Teste-di-Zucca: storia stratosferica dei duchi di Swindon. Con il
suo tratto rapsodico Bertoncelli ci accompagna lungo le varie tappe
della vicenda musicale del gruppo britannico, trapuntando lo scritto con
utili notizie su uscite discografiche, formazioni, ruolo dei produttori,
dichiarazioni rilasciate dall'altrettando rapsodico, e lucido, Partridge
(a proposito, non sgradita sarebbe risultata l'indicazione della fonte
da cui esse sono tratte). Si sente che Bertoncelli intrattiene un
rapporto di fidente complicità con l'oggetto del suo discorso, e non di
rado fioriscono immagini e metafore, caratteristiche del suo linguaggio
critico. Ecco qualche esempio: "qui si parla di marginali con l'elastico
che al margine finiscono per ritornare sempre" (p.5). "Swindon è la
capitale apparente degli XTC ma Partidge, Moulding e Gregory non abitano
in realtà lì, situati piuttosto in una terra fantastica e tutta mentale
che si cercherebbe invano su un atalante. La chiamerò Swindonia, questo
u-topòs, e noterò che confina a nord con la Shangri-La dei fratelli
Davies, a sud con la sterminata Pepperland dei Beatles e da qualche
parte con quella 'Land of Grey and Pink' di cui parlavano i geografi
Sinclair" (p.6): ecco la proposta di un canone con lieve ammicco
iniziatico. "Partridge e Moulding mostrano di avere annusato bene i
fiori del passato pop, prima che finissero nella spazzatura dove si
compiacciono di ammirarli" (p.10). Elvis Costello "va considerato cugino
degli swindoniani, pur se di ramo collaterale - la dinastia è beninteso
quella dei Lennon-McCartney, i Tudor dell'età moderna". Certo è un
linguaggio che difficilmente può costituire un modello, pena la perdita
del senso di misura e l'indulgere in delirii liricizzanti propri di
tanti apprendisti critici rock di riviste ben note. Bisogna riconoscerne
l'unicità e le capacità evocative e poi, almeno per quanto ci riguarda,
seguire la strada di una comunicatività più piana e diretta.
Discorso a parte merita la
traduzione, eseguita da Paolo Bertrando. Nell'insieme assolve il compito
a cui dovrebbe sempre attenersi la traduzione di un testo rock, che è
quello di rendere più intelligibili le parole nella lingua d'origine
immediatamente consultabili nella pagina a fianco. In passato alcuni
testi dell'Arcana avevano ampiamente travalicato la loro funzione,
costituendo talvolta un balordo esercizio pseudopoetico in cui il
traduttore s'imbarcava stravolgendo completamente l'originale. Valga per
tutti il caso del libro dedicato ai Doors, la cui 'traduzione' è di
Massimo Bracco. Bertrando nel complesso si mantiene nei limiti della
sobrietà, preferendo all'esibizione il servizio per il lettore. Talvolta
i giochi di parole o le esigenze di rima lo inducono a forzare un po'
l'originale, con esiti alterni. Due esempi nella stessa canzone, uno in
positivo, l'altro in negativo' Il brano è Are you receiving me (pp.
58-9); a un certo punto il testo dice: "I put it in a letter, what could
be better?", e Bertrando: "L'ho spedito per posta, mi pare una cosa
tosta", e qui va bene. Ma "I put in a note, one night I wrote" reso con
"L'ho scritto su un blocco, non chiamarmi sciocco" è una forzatura bella
e buona. Meglio sarebbe allora una rima imperfetta: "L'ho messo in un
blocco-note, l'ho scritto una notte". A p. 103 compensation viene
erroneamente tradotto con compensazioni, probabilmente per mantenere la
rima col precedente demolizioni, mentre la traduzione corretta,
visto il contesto, sarebbe indennizzo.
Il secondo verso di
My Bird
Performs (pp. 198-9) lo intenderei diversamente: "No vintage wine
designer clothes" costituscono due complementi oggetti distinti, ovvero
"vini d'annata" e "vestiti firmati", e non, come viene reso
lacunosamente, un'unica locuzione: "i vestiti degli stilisti d'annata".
Un'ultima osservazione di questa serie pedante riguarda un vecchio vizio
delle traduzioni Arcana. Quando cioè una parola dell'originale è resa
con più corrispondenti italiani. Si prenda The Smartest Monkeys,
pp. 202-3. L'aggettivo del titolo è tradotto, nelle diverse occorrenze
del testo, con intelligenti (come nel titolo stesso), svelte,
astute. D'accordo, non siamo ai livelli di sofisticazione
penetrati da Bracco nel sopracitato volume dei Doors; resta comunque che
voler rendere con diverse varianti le differenti sfumature di senso
contenute nel termine originale è un'operazione troppo didascalica e
ambigua, che disattende una delle regole basilari della traduzione:
quella di giocare ad armi pari un gioco per sua natura impari.
Non ci si può soffermare troppo su
quello che costituisce il punto di partenza del libro: le liriche di
Partridge e Moulding. Vale comunque la pena di fare qualche rilievo
cursorio, in attesa che qualcuno avvii sistematicamente l'applicazione
della critica stilisitica al fertile campo della popular Music e del
rock in particolare. Si può innanzitutto notare, e lo fa anche Bertrando
nella sua Nota ai testi, una graduale evoluzione nell'uso delle
parole attraverso gli anni. Gli esordi della band sono legati, anche
sotto questo aspetto, al punk, per tematiche, icasticità e rapidità di
notazione. Appaiono motivi adolescenziali, come la rivendicazione delle
propria identità attraverso la musica in This is pop: "In
latteria mi sento perso / Bevo bibite ghiacciate come brina / Qualcuno
si gira verso di me / E opina sulla mia scelta sul juke-box / Come lo
chiami questo rumore / Che hai messo su? / Questo è pop / Yeah Yeah".
Ancora propensioni adolescenziali e subculturali in Science Friction
("Mi leggo i fumetti da cima a fondo") e in Into The Atom Age
("Mi distendo con un porno tridimensionale").
In
Drums and Wires compare
il brano Making Plans For Nigel di Moulding, che parla dell'iperprotettivismo
dei genitori nei confronti dei figli. "Stiamo soltanto facendo piani per
Nigel / Noi non vogliamo che il suo bene / Stiamo soltanto facendo piani
per Nigel / Nigel ha tanto bisogno d'una mano amica / E se il caro Nigel
dice che è felice / Dev'essere felice". Il tema è ripreso nella canzone
di English Settlement (1982) significativamente intitolata No
Thugs In Our House (Niente deliquenti in casa nostra). Ma i versi di
quest'ultimo brano sono interessanti soprattutto sul piano stilistico,
intessuti come sono di allitterazioni e assonanze. Ad esempio: "The
insect-headed worker wife will hang her waspies, o "A boy in blue is
busy banging ...... e più avanti "She's singing something stake and
simple ...... Col tempo le liriche diventano più sottili, più ricercate,
proprio a partire da quell'English Settlement che molti
considerano il capolavoro del trio. Accanto allo spirito vagamente
iconoclasta e sarcastico degli inizi, si fa strada una sempre più
accentuata inclinazione ironica, un understatement tipicamente
britannico, ivi compresa qualche punta di snobismo e cinismo. Così
Moulding in Wonderland (da Mummer del 1983) dichiara di
essere "troppo chiaro e semplice per il tuo archivio" e in My Bird
Performs sostiene di non essere commosso, oltre che dai vini
d'annata e dagli abiti firmati di cui sopra, dalle belle arti, dai
drammi teatrali e dalla prosa intellettuale, così come freddo lo
lasciano i sonetti di Shakespeare. Che sia un atteggiamento di
understatement lo conferma il brano di Partridge The Mayor of
Simpleton (da Oranges & Lemons), tutto all'insegna di questa
tendenza all'abbassamento di tono, perfettamente in linea con le placide
e vaporose armonie beatlesiane delle canzone. "Non saprei dire il peso
del sole / Di matematica proprio non ne voglio / E forse sarò il sindaco
di Sempliciopoli / Ma una cosa la so: ti amo / E quando la logica gli
sarà fredda e avranno finito di pensare / Potrai scaldarti tra le
braccia del sindaco di Sempliciopoli". E oltre, fra le righe dello
stesso pezzo, Partridge confessa di non sapere "scrivere canzoni di
successo" (sarà poi vero?). Ma i conflitti adolescenziali e l'ironia
leggera e autoreferenziale non sono certo gli unici motivi che si
possono cogliere nella lettura di questi testi. I temi politico sociali
non sono mai ostentati o innalzati sulla bandiera delle grandi cause, ma
sono comunque presenti. In Millions (p. 74) si esortano i popoli
dell'est a non farsi abbindolare dal sogno occidentale; Generals and
Majors (p. 84) come War Dance (p. 206) paventano uno spirito
bellicista che non è mai spento, mentre una sorta di programma pacifista
di massima è in Melt The Guns (Fondere le armi, p. 118). Sfiducia
per come vanno le cose di questo mondo e coscienza delle ingiustizie che
le costellano sono motivi che emergono da canzoni come King For A Day
e Cynical Days di Moulding o in The Ballad of Peter
Pumpkinhead di Partridge. A questi si deve anche il testo della
splendida Dear God, lettera a un dio in cui non crede ("Se c'è
una cosa in cui non credo / Sei tu... Caro Dio"), ma anche accorata
petizione a favore di un'umanità scossa dai drammi di ogni giorno ed
epoca. La canzone venne esclusa da Skylarking, forse il più bel
disco degli XTC, prodotto nel 1986 da Todd Rundgren. Si può trovare in
qualche recente edizione americana del disco, oppure nella raccolta di
produzioni rundgreniane An Elpee's Worth Of Productions (Rhino
Records, 1992).
L'attraversamento del libro
dell'Arcana ci ha fornito nuovi spunti d'interesse nei confronti di
questi bei "marginali con l'elastico", funzionando in parte anche per le
liriche quella richiesta d'attenzione e curiosità analitica che proviene
dalla musica dell'ineffabile terzetto di Swindon.