La più grande pop band dell’ultimo trentennio proviene da Swindon, cento
chilometri a est di Londra, e si fregia dell’acronimo XTC. Questa
dovrebbe essere la realtà, se il mondo fosse giusto e tenesse in giusta
considerazione l’intelligenza, ma, come è noto, così non è.
Andy
Partridge (voce e chitarra), Colin Moulding (basso e voce), Barry
Andrews (tastiere e voce) e Terry Chambers (batteria) iniziano, in piena
epoca punk, ad agitare le sonnolente acque swindoniane ed esordiscono
nel 1977, con alcuni singoli che raccolgono un buon successo di critica.
In questo modo convincono la Virgin (che all’epoca aveva avuto la
sfrontatezza di raccattare i Sex Pistols defenestrati da EMI e A&M) ad
andare avanti registrando l’album di esordio, White Music (1978), dove
l’energia punk dell’epoca è resa isterica, cinica e il suono spigoloso e
tagliente, annaffiato di copioso humour. “Come lo chiami quel rumore che
hai messo su? Questo è pop!” urla Partridge in This is Pop!, in una
sorta di dichiarazione di intenti. L’album arriva nella Top 40 e un
pubblico sempre crescente inizia a seguire il gruppo, forte di
esibizioni live che all’epoca hanno pochi rivali. Partridge è ovviamente
il centro della band ma l’organo di Barry Andrews diventa la loro nota
distintiva. “Era come arte spaziale naïf. Volevamo disperatamente essere
futuristici e moderni, ma il risultato finale fu come se qualcuno nel
1956 si fosse messo comodo e avesse progettato un gruppo pop del
futuro.” – sentenzia Partridge.
Pochi
mesi dopo è la volta di GO2, che stempera leggermente i toni isterici ma
sviluppa il lato più pop, la vocazione alle soluzioni bizzarre e
presenta più in primo piano la batteria di Terry Chambers che
caratterizzerà sempre più il loro suono negli anni a venire. Nella
consueta divisione delle composizioni tra Partridge e Moulding, stavolta
fa in tempo ad inserirsi anche Barry Andrews con le sue My Weapon e
Supertuff, obiettivamente i brani meno riusciti del disco, un “corpo
estraneo”. “Erano solo in uno stile differente e stonavano col resto.
Quello che disturbò Barry fu che Andy, essendo Andy, durante le
registrazioni in studio sosteneva che non andasse bene niente prima
ancora che Barry finisse. Allora Barry gli diceva: "Perché non te ne vai
e aspetti fino a che ho finito? Dopodiché puoi entrare e dirmi cosa ne
pensi.” - ricorda Moulding. Le due personalità forti del gruppo,
cominciano a entrare in conflitto in maniera sempre più cruenta; Andy è
il leader, indiscutibilmente, ma lo sgomitare di Andrews lo innervosisce
e il rifiuto a prendere sul serio le composizioni del suo antagonista
crea una frattura tra i due che il resto del gruppo non prova neanche a
sanare, conoscendo l’ego smisurato di Andy. L’inevitabile dipartita di
Andrews lascia qualche dubbio nei fan della band che hanno già
incoronato il tastierista “nerd” come un eroe a causa del suo aspetto da
perdente semicalvo che infierisce nervosamente contro il suo organo
Crumar, ma Partridge ha già pronta la soluzione.
Dave
Gregory era stato li intorno sin dall’inizio, forse troppo preparato per
i primi XTC, ma questo era il momento di ampliare le capacità tecniche
della band e Dave poteva suonare chitarra e tastiere e forse in quel
momento, passata la sbornia della new wave fashion, il suo aspetto
“veterofreak” non avrebbe frenato l’ascesa del gruppo. L’album che ne
risulta, Drums and Wires (1979), è un piccolo capolavoro: la batteria
diventa il punto focale, potente e costruita per pattern inconsueti,
fanno il loro ingresso andamenti più lenti, qualche tono acustico che
comunque non abbassano la tensione delle composizioni. Making Plans for
Nigel diventa un singolo di successo in UK, ma all’interno del disco
troviamo cose piuttosto inusuali per l’epoca, dalla chitarra straniata
in Day in, Day out, alla saltellante Roads Girdle the Globe alla
costruzione stratificata di Millions sino alla parossistica Complicated
Game.
Il
misurato successo dell’album convince la Virgin a portarli un po’ in
giro nel mondo e i quattro, che non hanno fatto mai grandi viaggi, si
trovano terrorizzati su aerei che li portano in Australia e Giappone;
mentre Dave Colin e Terry si abituano presto all’idea, Andy è depresso,
gli mancano la sua vita a Swindon e la sua fidanzata, e appena finito il
tour abbandona gli altri tre a fare i turisti in Giappone e fugge a casa
a sposare Marianne. Nella seconda metà del ‘79 suonano molto in
Inghilterra; le classifiche inglesi dell’epoca, con Blondie e i Police
in vetta, parlano di cambiamenti e gli XTC potrebbero essere della
partita ma Wait Till Your Boat Goes Down, il singolo realizzato per
cercare di cavalcare l’onda, passa tra l’apprezzamento dei media e
l’indifferenza pressoché totale del pubblico, definendo un trend che non
li abbandonerà mai più.
La
band, ormai, passa tutto l’anno in tour estenuanti tra Europa e Stati
Uniti e in una pausa di un paio di mesi, in estate, registra un altro
album che smuoverà più la loro fama tra la stampa e i fan che presso il
“grosso pubblico” che continua sfacciatamente ad ignorarli. Black Sea
(1980) arriva in buone posizioni in UK, USA e Nuova Zelanda ma sparisce
rapidamente. Il disco, invece, sviluppa il discorso iniziato con il
precedente, con grande presenza dei tamburi di Chambers (Steve
Lilliwhite, il giovanissimo produttore, aveva appena finito di lavorare
con Peter Gabriel e quell’esperienza si può percepire chiaramente sul
modo di registrare la batteria), composizioni molto eterogenee che
mantengono, però, un esile filo che le unisce, dalla marcetta di
Generals and Majors al tribalismo astratto di Travels in Nihilon. La
copertina di Black Sea vede il gruppo dentro enormi scafandri sullo
sfondo di un mare cupo dove un gabbiano, l’albero di una nave e uno
spicchio di luna formano, a ben vedere, il nome del gruppo e avrebbe
dovuto illustrare il titolo Work Under Pressure che fu, invece, bocciato
dalla Virgin; il titolo avrebbe dovuto illustrare l’atmosfera
all’interno degli XTC, con Andy sempre più nei ruolo dell’isterico
despota.
Il
gruppo continua incessantemente a suonare in tour e lo stato di salute
di Andy peggiora moltissimo: dagli stati depressivi che non lo hanno mai
abbandonato sin dagli inizi, si ritrova all’interno di vere e proprie
crisi nervose che sfociano in dolorosissime gastroenteriti, crisi di
panico e amnesie, rendendolo schiavo del Valium. I tour sono sempre un
successo, la gente vuole vedere XTC dal vivo ma le vendite non sono
minimamente paragonabili a quelle, ad esempio, dei Police, diventati
delle vere e proprie star che viaggiano comodamente in lungo e largo.
Gli XTC, invece, girano in furgone, dormono in hotel economici e, a
lungo andare questo comincia a minare la salute di Andy; per gli altri
il tour è un aspetto dell’intera faccenda e fanno buon viso a cattivo
gioco, ma per Andy tutto sta precipitando verso l’intenzione di non
suonare mai più dal vivo. Oltretutto la vera vocazione di Partridge è
quella del lavoro in studio, dove diventa uno sperimentatore rabbioso e
prevaricante. Inizia un periodo di intensissima attività in studio,
composizione e produzione (Joan Armatrading, the Residents, Ryuichi
Sakamoto, Thomas Dolby) e con la chitarra acustica, nell’estate dell’81
comincia a tracciare le coordinate di quella che sarà un’ennesima
piccola svolta nella storia della band.
English
Settlement (1982) è un album molto acustico, una completa rivoluzione
per XTC, un cambio di direzione che volta le spalle al suono grezzo dei
primi album portando il gruppo verso atmosfere ingentilite ma allo
stesso tempo mantiene la caratteristica dell’eterogeneità delle
atmosfere, che passano dall’apertura meravigliosa di Runaways alla
oscura ed ancora elettrica Fly on the Wall, per il finto tribalismo di
Nearly Africa e le sfolgoranti Senses Working Overtime e English
Roundabout. Un album doppio che crea ancora problemi all’etichetta
(tanto che gli americani tagliano via un po’ di cose e lo fanno
diventare un singolo...) con la copertina che diventa un po’ il loro
simbolo, quel cavallo di Uffington, enorme pittura rupestre primitiva
visibile sulle colline intorno a Swindon. L’album è di una bellezza rara
e alcune delle composizioni colpiscono il bersaglio “grosso” tant’è che
Senses Working Overtime entra nella Top10 inglese, condannando il gruppo
ad iniziare un nuovo tour, nonostante le atmosfere del disco si prestino
meno del solito ad una esecuzione live.
“Non ne
potevo più di essere in tournée.- confessa Partridge - Qualcosa nella
mia mente non voleva suonare English Settlement dal vivo. Volevo una
vita normale. E non c'è modo di averla suonando in giro per il mondo.”
Ad un concerto a Parigi la situazione precipita e Andy ha una crisi di
panico all’inizio di Respectable Street - “Pensavo di morire. La stanza
iniziò a girare vorticosamente ed io fui sopraffatto dalla paura. Mi
sentii come una merda e pensai, sto diventando pazzo? Il mio cervello
sta per impazzire? Pensarono avessi l'appendicite e qualcuno chiamò
un'ambulanza. E a Le Palais era un gran concerto. Lo stavano registrando
per la televisione ed era tutto esaurito.” Il gruppo fugge da Parigi e
si rifugia a Swindon, cancellando la parte inglese del tour e sperando
che un piccolo periodo di riposo possa aiutare Andy a rimettersi in
sesto. - “Pensavo si trattasse di paura del palco e che poteva non
accadere di nuovo. Così acconsentii, da stupido, ad intraprendere il
tour americano”. Al primo concerto, a San Diego, Andy si fa forza e
suona tutto lo spettacolo tra dolori orribili allo stomaco e il giorno
dopo, a Los Angeles, si presenta come un morto all’appuntamento in un
bar con il resto del gruppo: - “Io ero nel mio letto d’albergo come
pietrificato. Non potevo muovere le gambe. Erano diventate di gelatina e
non potevano funzionare. Sono rimasto nel letto per un'eternità, e
pensavo: Non posso farlo! Non posso farlo! Non posso nemmeno alzarmi dal
letto. Ma riuscii ad alzarmi e ad arrivarci lentamente e con dolore. Ero
spaventato da morire e mi ricordo solo di aver detto, "Non voglio fare
questo concerto”.
Andy,
completamente distrutto dai dolori che gli provoca lo stress si rifugia
nella sua nuova casa di Swindon, dalla quale per un periodo non riesce
nemmeno ad uscire senza che il panico non lo assalga. - “Pensavo, Oh mio
dio! Tutto questo mi sta relegando allo stato Syd Barrett. Sarò solo una
sbavante vittima del rock.” Era decisamente la fine di XTC dal vivo; il
gruppo non farà più concerti, solo una manciata di show televisivi e
qualche minuscola apparizione unplugged in stazioni radio americane,
diventando per sempre un “gruppo da studio”.
Buona
parte del resto dell’anno trascorre in modo inusualmente sedentario con
Andy a scribacchiare cose nel giardino di casa e leccarsi le ferite, ma,
inaspettatamente, il cambio di regime ha risvolti creativi opposti per i
due compositori del gruppo, contrapponendo un vulcanico Partridge ad un
apatico Moulding. Le classifiche inglesi di quell’epoca parlano la
lingua dei Japan e di gente come Scritti Politti, produzioni
scintillanti di suoni raffinatissimi, ed è proprio al produttore di Tin
Drum dei Japan, Steve Nye, che si rivolgono le attenzioni del gruppo
quando pensano di avere materiale sufficiente per un nuovo disco, il
primo dell’era statica.
Mummer
(1983) è un ennesimo spostamento di suono per la band, che si fa ancora
più acustico, Dave suona moltissimo il piano e le tastiere e le chitarre
sono spesso con accordature “aperte” che riportano alla luce “l’hippy
subliminale” di Partridge. La lavorazione del disco non è delle più
facili, tra la scontrosità di Nye che lega poco con l’attitudine ancora
troppo goliardica del gruppo e l’inaspettato voltafaccia di Terry
Chambers che, nel mezzo delle registrazioni, molla tutto e se ne va.
“Stavamo lavorando durante l'ora di pranzo a "Love On a Farmboy's Wages",
posò le sue bacchette, prese su le sigarette e le sue chiavi e disse "Me
ne vado, ragazzi. Lascio il gruppo quindi… ehm… ci vediamo!". Fu così.
Con i piatti che ancora oscillavano. Il nuovo materiale non gli piaceva
molto, Andy cercava di spiegargli il ritmo di batteria ma lui non ci
riusciva. Credo che pensò che stessimo cercando di obbligarlo ad
andarsene, ma non era vero. Fortunatamente Dave salvò la giornata
ricordandosi di Pete Phipps, ex batterista della Gary Glitter band, che
con i Random Hold ci aveva fatto da gruppo di supporto.
Le prime
registrazioni sono per un singolo che doveva essere Wonderland o Beating
of Hearts e qualcos'altro per un lato B e il rapporto con Nye non è
facilissimo, ma decidono di continuare con lui anche le registrazioni
dell’album e il risultato è disastroso: la Virgin respinge l’album e
sono costretti ad aggiungere altre due composizioni Gold e Great Fire e
rimissare tutto il lavoro per far accettare il disco. Il disco suona,
alla fine, come una sorta di corpo estraneo nella discografia della
band, troppo diverso da tutto quello che è stato e che sarà, ma ha una
sua bellezza estranea, con suoni inusuali di mellotron e una batteria
diversissima dai precedenti, più malleabile e meccanica allo stesso
tempo; basta ascoltare episodi come la spettrale Human Alchemy o la
jazzata Ladybird per rendersi conto che stavolta il tentativo di
cambiare suono è più forte che in precedenza (suonano più “vecchio
stile”, invece, cose come Toys, Jump e Desert Island, usate come B side
di singoli). Inutile aggiungere che il disco raggiunge appena la Top 50
inglese, nonostante l’infaticabile lavoro promozionale svolto dalla
band. E sull’onda della rabbia per il fallimento commerciale
(l’ennesimo) di Mummer, di cui accusano principalmente la scarsa
partecipazione della promozione Virgin, XTC si rimettono al lavoro,
invertendo di nuovo la rotta.
Big
Express (1984), il nuovo disco, torna ad essere elettrico e spigoloso, e
porta sfacciatamente le loro radici “provinciali” in primo piano.
L’album ha una copertina sagomata rotonda, raffigurante una ruota di
vecchia locomotiva, con canzoni che parlano di treni e i tre in divisa
da macchinisti della Great Western Railway davanti alla Lode Star,
mitica locomotiva costruita a Swindon, The everyday Story of Smalltown è
chiaramente ispirata alla loro città natale (il testo dice: “Suonerà la
sirena, e quello sarà il segnale che la vita comincia”, alludendo alla
sirena della fabbrica dei treni). “Gruppi tipo i Police avevano quest’aurea
internazionale. – dice Andy – Un’americano, un jazzista, e uno che
suonava reggae. Tutti quei flash all'aeroporto! Noi non siamo mai andati
oltre Swindon. Le nostre canzoni erano di Swindon come il nostro
accento, e Swindon non sarà mai alla moda. Noi eravamo gli anti Police.
Ma mi resi conto che ciò che rende attraente una band sono le sue
origini.”
L’album
suona come una frustata, paragonato al precedente, con qualche pausa
riflessiva a intervallare il flusso energico (il singolo This World
Over, un assorta riflessione sulla guerra fredda, riporta incisa sul
vinile la frase “Olocausto nucleare. Visto uno li hai visti tutti”) e
alcuni brani faticano ad uscire dalla mente (l’iniziale Wake Up e le
finali I Remember the Sun e Train Running Low on Soul Coal su tutti).
L’accoglienza riservata all’album dal pubblico (come da tradizione al di
sotto delle aspettative) spinge la Virgin a proporre alla band un
produttore americano.
“Fu su ordine della Virgin che scegliemmo un
americano perché "un produttore americano troverà qualcosa di americano
nella vostra musica che sarà attraente per gli americani e quindi
venderà in America e il mercato americano è quello più grande, così
andate e vendetevi agli americani!”– ricorda Partridge. La scelta cade
su Todd Rundgren, e Andy e Colin spediscono le loro demo. Pochi giorni
dopo, una telefonata dall’America comunica la scaletta del disco e
l’idea che l’album sarà un concept intitolato Day Passes di cui ha
pronta anche l’idea della cover, un paio di biglietti. Uno strano
campanello suona nelle orecchie di Andy, che mai in vita sua è stato
cosi duramente “prodotto” da un produttore. E infatti le registrazioni,
a Woodstock, nello studio di Rundgren, e a San Francisco, nello studio
dei Tubes che per l’occasione cedono agli XTC Praire Prince, il loro
batterista, risulteranno tormentatissime e più di una volta si arriva
vicini alla rottura (Moulding, esasperato, lascia addirittura la band
per un paio di giorni). Skylarking (1986), invece, centra quasi gli
obbiettivi, risultando un album estremamente elegante, molto inglese, in
qualche modo rilassato e sognante, con largo uso di arrangiamenti
orchestrali, e conquista il pubblico dei college americani, soprattutto
grazie a Dear God, brano sul quale Andy aveva dimostrato più di una
perplessità, chiedendo di non includerlo nell’album, dimostrando una
volta di più la scarsissima attitudine commerciale del gruppo.
Attitudine che manca totalmente anche nel bizzarro progetto successivo:
Andy e Dave avevano, anni prima, parlato di mettere su una band di
parodie dell’epoca psichedelica e, quasi per ridere, propongono la cosa
alla Virgin che cade nella trappola e finanzia il progetto. Nascono i
Dukes of Stratosphears che produrranno, nell’85 e nell’87 due album
deliziosi, 25 O’Clock e Psonic Punspot, con i tre nascosti sotto
pseudonimi, sicuri di non essere riconosciuti. Ovviamente anche questa
previsione era sbagliata, e 25 O’Clock riceverà più attenzioni dal
pubblico di Big Express.
Il buon
successo (per gli XTC) di Skylarking carica il gruppo che incassa la
fiducia della casa discografica per un altro disco “americano” e
ingaggia Paul Fox, giovane produttore che ha fatto parlare di sé per
qualche remix di Yes e simili. Cinque mesi a Los Angeles in una prigione
dorata con piscina, circondati da persone che li adorano rincuorano
molto il gruppo che da il meglio di sé e il risultato è assoluto.
Oranges and Lemons (1989) è un disco sfarzoso, prodotto in maniera
eccellente e contiene canzoni straordinarie: lo strascicato orientalismo
di Garden of Earthly Delights, il puro pop di The Mayor of Simpleton,
con uno strepitoso lavoro di Moulding, la contortissima Poor Skeleton
Steps Out fino alla chiusura struggente di Chalkhills and Children, un
capolavoro che potrebbe uscire da Pet Sound. “Non mi importa se è alla
Beach Boys, basta che non importi a loro -dice Andy-. Questa è una delle
cose migliori che abbia mai scritto”. L’album supera le aspettative,
seppur di poco, piazzandosi al primo posto nelle classifiche dei college
USA e nei primi trenta in Inghilterra.
I
due anni successivi passano con i tre XTC impegnati nelle loro attività
parallele, tra collaborazioni e produzioni e la scrittura del nuovo
disco che in cuor loro hanno deciso che sarà comunque registrato in
Inghilterra. Dopo numerosi tentativi, e dopo aver ingaggiato Dave
Mattacks (Fairport Convention, Jethro Tull) alla batteria, si ritrovano
a lavorare con Gus Dudgeon, produttore di Elton John, Clapton e mille
altri; la cattiva fama di Andy riesce, in questo caso, a fare più danni
di Andy stesso e Dudgeon, influenzato dalla leggenda, ingaggia furiose
dispute con lo scorbutico Partridge. L’album, Nonsuch (1991), vede la
luce tra mille tribolazioni, con Andy che si prende una rivincita su
Dudgeon ottenendo dalla Virgin un remissaggio totale del disco. La
lucentezza abbagliante di Oranges and Lemons è piuttosto lontana, ma il
disco contiene perle tali da far passare sotto silenzio un tono forse
leggermente scuro e metallico, una patina polverosa che rende il tutto
un po’ più opaco. I pezzi che colpiscono sono le ballate, dalla
leggerezza di Humble Daisy, a la spettacolare Rook, piano e voce con
pochi echi di tromba, ancora Brian Wilson in Wrapped In Grey, ma anche
un paio di meraviglie oblique di Moulding lasciano il segno (War Dance e
Bungalow su tutte) e Books are Burning che chiude con doppio assolo di
chitarra rende tutto assolutamente degno di XTC.
Ma il
guaio più doloroso doveva ancora arrivare: la band cerca di rinegoziare
il contratto con la Virgin, a causa dei bassissimi guadagni dalle
vendite dei dischi. La Virgin rifiuta e la disputa si risolve in uno
sciopero lungo cinque anni in cui la band scrive materiali ben sapendo
che la loro casa discografica non li pubblicherà mai ma che non li
lascerà nemmeno andare per la loro strada.
E così,
dopo sette anni dal precedente, esce finalmente, per la Idea Record di
loro proprietà, Apple Venus Volume 1 (1999), seguito da Wasp Star (Apple
Venus Volume 2), l’anno successivo. Il primo è un disco orchestrale,
molto delicato e assolutamente splendido, dal quale è praticamente
impossibile segnalare un solo brano (River of Orchid e Easter Theatre
per Partridge, e Frivolous Tonight di Moulding, se proprio costretti) e
riceve un’accoglienza identica alle precedenti, una fugace apparizione
intorno ai primi 50 posti dell chart inglesi e americane, con l’aggiunta
significativa di un buon piazzamento in Giappone. Ma i ragazzi sono
tornati, anche se le tensioni nelle registrazioni causano la fuoriuscita
dell’ultimo non compositore del gruppo; Dave se ne va, sbattendo la
porta piuttosto violentemente, tanto che in Wasp Star, disco più
elettrico e leggermente inferiore al precedente, non compare nemmeno.
Il resto
è storia abbastanza recente: il despota Partridge, apparentemente
riappacificato con Gregory, apre una sua personale etichetta, la APE,
con la quale inizia a pubblicare album di demo della band e un cospicuo
numero di “stupiderie da fan” (tra le quali spiccano le versioni karaoke
dei due Apple Venus) rivolgendosi ai fan innanzitutto, con lo scopo
evidentissimo di finanziare il prossimo disco che, a questo punto è
atteso da ben tre anni. Ma se aveste voglia di innamorarvi di una band
con un percorso lineare, vi consigliamo di lasciar stare gli XTC.
grazie ad Ale per la collaborazione.