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XTC

di Ale Sordi

Rumore n. 138/139
Luglio/Agosto 2003

 

   La più grande pop band dell’ultimo trentennio proviene da Swindon, cento chilometri a est di Londra, e si fregia dell’acronimo XTC. Questa dovrebbe essere la realtà, se il mondo fosse giusto e tenesse in giusta considerazione l’intelligenza, ma, come è noto, così non è.
Andy Partridge (voce e chitarra), Colin Moulding (basso e voce), Barry Andrews (tastiere e voce) e Terry Chambers (batteria) iniziano, in piena epoca punk, ad agitare le sonnolente acque swindoniane ed esordiscono nel 1977, con alcuni singoli che raccolgono un buon successo di critica. In questo modo convincono la Virgin (che all’epoca aveva avuto la sfrontatezza di raccattare i Sex Pistols defenestrati da EMI e A&M) ad andare avanti registrando l’album di esordio, White Music (1978), dove l’energia punk dell’epoca è resa isterica, cinica e il suono spigoloso e tagliente, annaffiato di copioso humour. “Come lo chiami quel rumore che hai messo su? Questo è pop!” urla Partridge in This is Pop!, in una sorta di dichiarazione di intenti. L’album arriva nella Top 40 e un pubblico sempre crescente inizia a seguire il gruppo, forte di esibizioni live che all’epoca hanno pochi rivali. Partridge è ovviamente il centro della band ma l’organo di Barry Andrews diventa la loro nota distintiva. “Era come arte spaziale naïf. Volevamo disperatamente essere futuristici e moderni, ma il risultato finale fu come se qualcuno nel 1956 si fosse messo comodo e avesse progettato un gruppo pop del futuro.” – sentenzia Partridge.

 

Pochi mesi dopo è la volta di GO2, che stempera leggermente i toni isterici ma sviluppa il lato più pop, la vocazione alle soluzioni bizzarre e presenta più in primo piano la batteria di Terry Chambers che caratterizzerà sempre più il loro suono negli anni a venire. Nella consueta divisione delle composizioni tra Partridge e Moulding, stavolta fa in tempo ad inserirsi anche Barry Andrews con le sue My Weapon e Supertuff, obiettivamente i brani meno riusciti del disco, un “corpo estraneo”. “Erano solo in uno stile differente e stonavano col resto. Quello che disturbò Barry fu che Andy, essendo Andy, durante le registrazioni in studio sosteneva che non andasse bene niente prima ancora che Barry finisse. Allora Barry gli diceva: "Perché non te ne vai e aspetti fino a che ho finito? Dopodiché puoi entrare e dirmi cosa ne pensi.” - ricorda Moulding. Le due personalità forti del gruppo, cominciano a entrare in conflitto in maniera sempre più cruenta; Andy è il leader, indiscutibilmente, ma lo sgomitare di Andrews lo innervosisce e il rifiuto a prendere sul serio le composizioni del suo antagonista crea una frattura tra i due che il resto del gruppo non prova neanche a sanare, conoscendo l’ego smisurato di Andy. L’inevitabile dipartita di Andrews lascia qualche dubbio nei fan della band che hanno già incoronato il tastierista “nerd” come un eroe a causa del suo aspetto da perdente semicalvo che infierisce nervosamente contro il suo organo Crumar, ma Partridge ha già pronta la soluzione.

Dave Gregory era stato li intorno sin dall’inizio, forse troppo preparato per i primi XTC, ma questo era il momento di ampliare le capacità tecniche della band e Dave poteva suonare chitarra e tastiere e forse in quel momento, passata la sbornia della new wave fashion, il suo aspetto “veterofreak” non avrebbe frenato l’ascesa del gruppo. L’album che ne risulta, Drums and Wires (1979), è un piccolo capolavoro: la batteria diventa il punto focale, potente e costruita per pattern inconsueti, fanno il loro ingresso andamenti più lenti, qualche tono acustico che comunque non abbassano la tensione delle composizioni. Making Plans for Nigel diventa un singolo di successo in UK, ma all’interno del disco troviamo cose piuttosto inusuali per l’epoca, dalla chitarra straniata in Day in, Day out, alla saltellante Roads Girdle the Globe alla costruzione stratificata di Millions sino alla parossistica Complicated Game.

Il misurato successo dell’album convince la Virgin a portarli un po’ in giro nel mondo e i quattro, che non hanno fatto mai grandi viaggi, si trovano terrorizzati su aerei che li portano in Australia e Giappone; mentre Dave Colin e Terry si abituano presto all’idea, Andy è depresso, gli mancano la sua vita a Swindon e la sua fidanzata, e appena finito il tour abbandona gli altri tre a fare i turisti in Giappone e fugge a casa a sposare Marianne. Nella seconda metà del ‘79 suonano molto in Inghilterra; le classifiche inglesi dell’epoca, con Blondie e i Police in vetta, parlano di cambiamenti e gli XTC potrebbero essere della partita ma Wait Till Your Boat Goes Down, il singolo realizzato per cercare di cavalcare l’onda, passa tra l’apprezzamento dei media e l’indifferenza pressoché totale del pubblico, definendo un trend che non li abbandonerà mai più.

La band, ormai, passa tutto l’anno in tour estenuanti tra Europa e Stati Uniti e in una pausa di un paio di mesi, in estate, registra un altro album che smuoverà più la loro fama tra la stampa e i fan che presso il “grosso pubblico” che continua sfacciatamente ad ignorarli. Black Sea (1980) arriva in buone posizioni in UK, USA e Nuova Zelanda ma sparisce rapidamente. Il disco, invece, sviluppa il discorso iniziato con il precedente, con grande presenza dei tamburi di Chambers (Steve Lilliwhite, il giovanissimo produttore, aveva appena finito di lavorare con Peter Gabriel e quell’esperienza si può percepire chiaramente sul modo di registrare la batteria), composizioni molto eterogenee che mantengono, però, un esile filo che le unisce, dalla marcetta di Generals and Majors al tribalismo astratto di Travels in Nihilon. La copertina di Black Sea vede il gruppo dentro enormi scafandri sullo sfondo di un mare cupo dove un gabbiano, l’albero di una nave e uno spicchio di luna formano, a ben vedere, il nome del gruppo e avrebbe dovuto illustrare il titolo Work Under Pressure che fu, invece, bocciato dalla Virgin; il titolo avrebbe dovuto illustrare l’atmosfera all’interno degli XTC, con Andy sempre più nei ruolo dell’isterico despota.

Il gruppo continua incessantemente a suonare in tour e lo stato di salute di Andy peggiora moltissimo: dagli stati depressivi che non lo hanno mai abbandonato sin dagli inizi, si ritrova all’interno di vere e proprie crisi nervose che sfociano in dolorosissime gastroenteriti, crisi di panico e amnesie, rendendolo schiavo del Valium. I tour sono sempre un successo, la gente vuole vedere XTC dal vivo ma le vendite non sono minimamente paragonabili a quelle, ad esempio, dei Police, diventati delle vere e proprie star che viaggiano comodamente in lungo e largo. Gli XTC, invece, girano in furgone, dormono in hotel economici e, a lungo andare questo comincia a minare la salute di Andy; per gli altri il tour è un aspetto dell’intera faccenda e fanno buon viso a cattivo gioco, ma per Andy tutto sta precipitando verso l’intenzione di non suonare mai più dal vivo. Oltretutto la vera vocazione di Partridge è quella del lavoro in studio, dove diventa uno sperimentatore rabbioso e prevaricante. Inizia un periodo di intensissima attività in studio, composizione e produzione (Joan Armatrading, the Residents, Ryuichi Sakamoto, Thomas Dolby) e con la chitarra acustica, nell’estate dell’81 comincia a tracciare le coordinate di quella che sarà un’ennesima piccola svolta nella storia della band.

English Settlement (1982) è un album molto acustico, una completa rivoluzione per XTC, un cambio di direzione che volta le spalle al suono grezzo dei primi album portando il gruppo verso atmosfere ingentilite ma allo stesso tempo mantiene la caratteristica dell’eterogeneità delle atmosfere, che passano dall’apertura meravigliosa di Runaways alla oscura ed ancora elettrica Fly on the Wall, per il finto tribalismo di Nearly Africa e le sfolgoranti Senses Working Overtime e English Roundabout. Un album doppio che crea ancora problemi all’etichetta (tanto che gli americani tagliano via un po’ di cose e lo fanno diventare un singolo...) con la copertina che diventa un po’ il loro simbolo, quel cavallo di Uffington, enorme pittura rupestre primitiva visibile sulle colline intorno a Swindon. L’album è di una bellezza rara e alcune delle composizioni colpiscono il bersaglio “grosso” tant’è che Senses Working Overtime entra nella Top10 inglese, condannando il gruppo ad iniziare un nuovo tour, nonostante le atmosfere del disco si prestino meno del solito ad una esecuzione live.

“Non ne potevo più di essere in tournée.- confessa Partridge - Qualcosa nella mia mente non voleva suonare English Settlement dal vivo. Volevo una vita normale. E non c'è modo di averla suonando in giro per il mondo.” Ad un concerto a Parigi la situazione precipita e Andy ha una crisi di panico all’inizio di Respectable Street - “Pensavo di morire. La stanza iniziò a girare vorticosamente ed io fui sopraffatto dalla paura. Mi sentii come una merda e pensai, sto diventando pazzo? Il mio cervello sta per impazzire? Pensarono avessi l'appendicite e qualcuno chiamò un'ambulanza. E a Le Palais era un gran concerto. Lo stavano registrando per la televisione ed era tutto esaurito.” Il gruppo fugge da Parigi e si rifugia a Swindon, cancellando la parte inglese del tour e sperando che un piccolo periodo di riposo possa aiutare Andy a rimettersi in sesto. - “Pensavo si trattasse di paura del palco e che poteva non accadere di nuovo. Così acconsentii, da stupido, ad intraprendere il tour americano”. Al primo concerto, a San Diego, Andy si fa forza e suona tutto lo spettacolo tra dolori orribili allo stomaco e il giorno dopo, a Los Angeles, si presenta come un morto all’appuntamento in un bar con il resto del gruppo: - “Io ero nel mio letto d’albergo come pietrificato. Non potevo muovere le gambe. Erano diventate di gelatina e non potevano funzionare. Sono rimasto nel letto per un'eternità, e pensavo: Non posso farlo! Non posso farlo! Non posso nemmeno alzarmi dal letto. Ma riuscii ad alzarmi e ad arrivarci lentamente e con dolore. Ero spaventato da morire e mi ricordo solo di aver detto, "Non voglio fare questo concerto”.

Andy, completamente distrutto dai dolori che gli provoca lo stress si rifugia nella sua nuova casa di Swindon, dalla quale per un periodo non riesce nemmeno ad uscire senza che il panico non lo assalga. - “Pensavo, Oh mio dio! Tutto questo mi sta relegando allo stato Syd Barrett. Sarò solo una sbavante vittima del rock.” Era decisamente la fine di XTC dal vivo; il gruppo non farà più concerti, solo una manciata di show televisivi e qualche minuscola apparizione unplugged in stazioni radio americane, diventando per sempre un “gruppo da studio”.

Buona parte del resto dell’anno trascorre in modo inusualmente sedentario con Andy a scribacchiare cose nel giardino di casa e leccarsi le ferite, ma, inaspettatamente, il cambio di regime ha risvolti creativi opposti per i due compositori del gruppo, contrapponendo un vulcanico Partridge ad un apatico Moulding. Le classifiche inglesi di quell’epoca parlano la lingua dei Japan e di gente come Scritti Politti, produzioni scintillanti di suoni raffinatissimi, ed è proprio al produttore di Tin Drum dei Japan, Steve Nye, che si rivolgono le attenzioni del gruppo quando pensano di avere materiale sufficiente per un nuovo disco, il primo dell’era statica.

Mummer (1983) è un ennesimo spostamento di suono per la band, che si fa ancora più acustico, Dave suona moltissimo il piano e le tastiere e le chitarre sono spesso con accordature “aperte” che riportano alla luce “l’hippy subliminale” di Partridge. La lavorazione del disco non è delle più facili, tra la scontrosità di Nye che lega poco con l’attitudine ancora troppo goliardica del gruppo e l’inaspettato voltafaccia di Terry Chambers che, nel mezzo delle registrazioni, molla tutto e se ne va. “Stavamo lavorando durante l'ora di pranzo a "Love On a Farmboy's Wages", posò le sue bacchette, prese su le sigarette e le sue chiavi e disse "Me ne vado, ragazzi. Lascio il gruppo quindi… ehm… ci vediamo!". Fu così. Con i piatti che ancora oscillavano. Il nuovo materiale non gli piaceva molto, Andy cercava di spiegargli il ritmo di batteria ma lui non ci riusciva. Credo che pensò che stessimo cercando di obbligarlo ad andarsene, ma non era vero. Fortunatamente Dave salvò la giornata ricordandosi di Pete Phipps, ex batterista della Gary Glitter band, che con i Random Hold ci aveva fatto da gruppo di supporto.

Le prime registrazioni sono per un singolo che doveva essere Wonderland o Beating of Hearts e qualcos'altro per un lato B e il rapporto con Nye non è facilissimo, ma decidono di continuare con lui anche le registrazioni dell’album e il risultato è disastroso: la Virgin respinge l’album e sono costretti ad aggiungere altre due composizioni Gold e Great Fire e rimissare tutto il lavoro per far accettare il disco. Il disco suona, alla fine, come una sorta di corpo estraneo nella discografia della band, troppo diverso da tutto quello che è stato e che sarà, ma ha una sua bellezza estranea, con suoni inusuali di mellotron e una batteria diversissima dai precedenti, più malleabile e meccanica allo stesso tempo; basta ascoltare episodi come la spettrale Human Alchemy o la jazzata Ladybird per rendersi conto che stavolta il tentativo di cambiare suono è più forte che in precedenza (suonano più “vecchio stile”, invece, cose come Toys, Jump e Desert Island, usate come B side di singoli). Inutile aggiungere che il disco raggiunge appena la Top 50 inglese, nonostante l’infaticabile lavoro promozionale svolto dalla band. E sull’onda della rabbia per il fallimento commerciale (l’ennesimo) di Mummer, di cui accusano principalmente la scarsa partecipazione della promozione Virgin, XTC si rimettono al lavoro, invertendo di nuovo la rotta.

Big Express (1984), il nuovo disco, torna ad essere elettrico e spigoloso, e porta sfacciatamente le loro radici “provinciali” in primo piano. L’album ha una copertina sagomata rotonda, raffigurante una ruota di vecchia locomotiva, con canzoni che parlano di treni e i tre in divisa da macchinisti della Great Western Railway davanti alla Lode Star, mitica locomotiva costruita a Swindon, The everyday Story of Smalltown è chiaramente ispirata alla loro città natale (il testo dice: “Suonerà la sirena, e quello sarà il segnale che la vita comincia”, alludendo alla sirena della fabbrica dei treni). “Gruppi tipo i Police avevano quest’aurea internazionale. – dice Andy – Un’americano, un jazzista, e uno che suonava reggae. Tutti quei flash all'aeroporto! Noi non siamo mai andati oltre Swindon. Le nostre canzoni erano di Swindon come il nostro accento, e Swindon non sarà mai alla moda. Noi eravamo gli anti Police. Ma mi resi conto che ciò che rende attraente una band sono le sue origini.”

L’album suona come una frustata, paragonato al precedente, con qualche pausa riflessiva a intervallare il flusso energico (il singolo This World Over, un assorta riflessione sulla guerra fredda, riporta incisa sul vinile la frase “Olocausto nucleare. Visto uno li hai visti tutti”) e alcuni brani faticano ad uscire dalla mente (l’iniziale Wake Up e le finali I Remember the Sun e Train Running Low on Soul Coal su tutti). L’accoglienza riservata all’album dal pubblico (come da tradizione al di sotto delle aspettative) spinge la Virgin a proporre alla band un produttore americano.
“Fu su ordine della Virgin che scegliemmo un americano perché "un produttore americano troverà qualcosa di americano nella vostra musica che sarà attraente per gli americani e quindi venderà in America e il mercato americano è quello più grande, così andate e vendetevi agli americani!”– ricorda Partridge. La scelta cade su Todd Rundgren, e Andy e Colin spediscono le loro demo. Pochi giorni dopo, una telefonata dall’America comunica la scaletta del disco e l’idea che l’album sarà un concept intitolato Day Passes di cui ha pronta anche l’idea della cover, un paio di biglietti. Uno strano campanello suona nelle orecchie di Andy, che mai in vita sua è stato cosi duramente “prodotto” da un produttore. E infatti le registrazioni, a Woodstock, nello studio di Rundgren, e a San Francisco, nello studio dei Tubes che per l’occasione cedono agli XTC Praire Prince, il loro batterista, risulteranno tormentatissime e più di una volta si arriva vicini alla rottura (Moulding, esasperato, lascia addirittura la band per un paio di giorni). Skylarking (1986), invece, centra quasi gli obbiettivi, risultando un album estremamente elegante, molto inglese, in qualche modo rilassato e sognante, con largo uso di arrangiamenti orchestrali, e conquista il pubblico dei college americani, soprattutto grazie a Dear God, brano sul quale Andy aveva dimostrato più di una perplessità, chiedendo di non includerlo nell’album, dimostrando una volta di più la scarsissima attitudine commerciale del gruppo.

Attitudine che manca totalmente anche nel bizzarro progetto successivo: Andy e Dave avevano, anni prima, parlato di mettere su una band di parodie dell’epoca psichedelica e, quasi per ridere, propongono la cosa alla Virgin che cade nella trappola e finanzia il progetto. Nascono i Dukes of Stratosphears che produrranno, nell’85 e nell’87 due album deliziosi, 25 O’Clock e Psonic Punspot, con i tre nascosti sotto pseudonimi, sicuri di non essere riconosciuti. Ovviamente anche questa previsione era sbagliata, e 25 O’Clock riceverà più attenzioni dal pubblico di Big Express.

Il buon successo (per gli XTC) di Skylarking carica il gruppo che incassa la fiducia della casa discografica per un altro disco “americano” e ingaggia Paul Fox, giovane produttore che ha fatto parlare di sé per qualche remix di Yes e simili. Cinque mesi a Los Angeles in una prigione dorata con piscina, circondati da persone che li adorano rincuorano molto il gruppo che da il meglio di sé e il risultato è assoluto. Oranges and Lemons (1989) è un disco sfarzoso, prodotto in maniera eccellente e contiene canzoni straordinarie: lo strascicato orientalismo di Garden of Earthly Delights, il puro pop di The Mayor of Simpleton, con uno strepitoso lavoro di Moulding, la contortissima Poor Skeleton Steps Out fino alla chiusura struggente di Chalkhills and Children, un capolavoro che potrebbe uscire da Pet Sound. “Non mi importa se è alla Beach Boys, basta che non importi a loro -dice Andy-. Questa è una delle cose migliori che abbia mai scritto”. L’album supera le aspettative, seppur di poco, piazzandosi al primo posto nelle classifiche dei college USA e nei primi trenta in Inghilterra.

I due anni successivi passano con i tre XTC impegnati nelle loro attività parallele, tra collaborazioni e produzioni e la scrittura del nuovo disco che in cuor loro hanno deciso che sarà comunque registrato in Inghilterra. Dopo numerosi tentativi, e dopo aver ingaggiato Dave Mattacks (Fairport Convention, Jethro Tull) alla batteria, si ritrovano a lavorare con Gus Dudgeon, produttore di Elton John, Clapton e mille altri; la cattiva fama di Andy riesce, in questo caso, a fare più danni di Andy stesso e Dudgeon, influenzato dalla leggenda, ingaggia furiose dispute con lo scorbutico Partridge. L’album, Nonsuch (1991), vede la luce tra mille tribolazioni, con Andy che si prende una rivincita su Dudgeon ottenendo dalla Virgin un remissaggio totale del disco. La lucentezza abbagliante di Oranges and Lemons è piuttosto lontana, ma il disco contiene perle tali da far passare sotto silenzio un tono forse leggermente scuro e metallico, una patina polverosa che rende il tutto un po’ più opaco. I pezzi che colpiscono sono le ballate, dalla leggerezza di Humble Daisy, a la spettacolare Rook, piano e voce con pochi echi di tromba, ancora Brian Wilson in Wrapped In Grey, ma anche un paio di meraviglie oblique di Moulding lasciano il segno (War Dance e Bungalow su tutte) e Books are Burning che chiude con doppio assolo di chitarra rende tutto assolutamente degno di XTC.

Ma il guaio più doloroso doveva ancora arrivare: la band cerca di rinegoziare il contratto con la Virgin, a causa dei bassissimi guadagni dalle vendite dei dischi. La Virgin rifiuta e la disputa si risolve in uno sciopero lungo cinque anni in cui la band scrive materiali ben sapendo che la loro casa discografica non li pubblicherà mai ma che non li lascerà nemmeno andare per la loro strada.

E così, dopo sette anni dal precedente, esce finalmente, per la Idea Record di loro proprietà, Apple Venus Volume 1 (1999), seguito da Wasp Star (Apple Venus Volume 2), l’anno successivo. Il primo è un disco orchestrale, molto delicato e assolutamente splendido, dal quale è praticamente impossibile segnalare un solo brano (River of Orchid e Easter Theatre per Partridge, e Frivolous Tonight di Moulding, se proprio costretti) e riceve un’accoglienza identica alle precedenti, una fugace apparizione intorno ai primi 50 posti dell chart inglesi e americane, con l’aggiunta significativa di un buon piazzamento in Giappone. Ma i ragazzi sono tornati, anche se le tensioni nelle registrazioni causano la fuoriuscita dell’ultimo non compositore del gruppo; Dave se ne va, sbattendo la porta piuttosto violentemente, tanto che in Wasp Star, disco più elettrico e leggermente inferiore al precedente, non compare nemmeno.

Il resto è storia abbastanza recente: il despota Partridge, apparentemente riappacificato con Gregory, apre una sua personale etichetta, la APE, con la quale inizia a pubblicare album di demo della band e un cospicuo numero di “stupiderie da fan” (tra le quali spiccano le versioni karaoke dei due Apple Venus) rivolgendosi ai fan innanzitutto, con lo scopo evidentissimo di finanziare il prossimo disco che, a questo punto è atteso da ben tre anni. Ma se aveste voglia di innamorarvi di una band con un percorso lineare, vi consigliamo di lasciar stare gli XTC.

 

grazie ad Ale per la collaborazione.

 

 

 

 

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